Sinossi *:
Una donna che si chiamava Agata, che era convinta di avere un fratello, che amava i libri e faceva la libraia, che si era innamorata di un ragazzo più giovane, sempre più fulminava lampadine al suo passaggio e non sapeva il perché… quando si accorse che qualcosa stava cambiando.
Un uomo che si chiamava Gustavo, che credeva di avere una sorella di nome Agata, di aver ereditato il mestiere del padre e il nome del nonno, che con sua moglie e suo figlio si sentiva al riparo dalle intemperie… un bel giorno scoprì che quell’uomo non era lui.
Un altro uomo di nome Romeo, che viaggiava per la pianura con un macchinone pieno di vestiti, che pensava a sua moglie come al fiore più bello ma si posava come un grosso calabrone su tanti altri fiori, credeva di non avere fratelli né sorelle ma si sbagliava… non sapeva che il suo mondo era più grande di quello che pensava.
E a cantare assieme a loro l'allegra, dolorosa, imprevedibile canzone della vita, un coro di personaggi vibranti e bizzarri i cui destini si intrecciano in una storia d'altri tempi che potrebbe avvenire solo oggi… o forse anche domani.

NOTIZIE 'Agata e la Tempesta'

Libri


Libro sul film "":
"Magico Realismo - Il Cinema di Silvio Soldini"
di Domenico Lucchini, 424 pp, Armando Dadò Editore, collana Varia, 2024
Difficile individuare modelli di riferimento (agli inizi Godard e Wenders ma anche Antonioni e Ozu) per un regista come Silvio Soldini che, al contrario, ha saputo portare una sua propria originalità nel farsi di un cinema poco legato alla tradizione italiana e invece molto attento ad un respiro più ampio, quasi universalistico anche quando narra, come spesso gli accade, storie “minimaliste” di provincia e di semplici sentimenti. Il cinema di Silvio Soldini ha insinuato negli spettatori sapienti dubbi concettuali in virtù di un itinerario che dal naturalismo e realismo dei primi suoi film si è corredato vieppiù dalla linfa della metafora. Dall’individuazione della Galassia borghese disvelata mediante la costruzione di personaggi-archetipi, avvolti dalla vocazione delle aporie e dal solipsismo, fino ad ammantare di “surrealismo” le azioni del loro ménage quotidiano. Per fare l’ingresso nella ricognizione sociale e indirettamente politica, soprattutto con i suoi documentari e nell’analisi comportamentistica: per penetrare, quindi, nel viaggio utopico e nella fuga estatica, a volte attraverso “falsi movimenti”. Il cinema di Silvio Soldini come intellettuale “periscopico” di produzione della differenza, stimolazione del dubbio, provocazione di limpida fattura culturale. Sono queste le tematiche che vengono attivate e risolte da Domenico Lucchini, con un copioso e approfondito “essai”. Una circumnavigazione che tocca tutti i lidi dell’articolato mosaico della tramatura dell’autore milanese, nonché i litorali della decifrazione linguistica, dal registro neorealista a quello favolistico, (il “magico realismo”) che pervadono i suoi 40 film. Il primo e completo discorso sul cinema soldiniano in Svizzera e che manca in Italia da un ventennio; il merito è duplice.
prezzo di copertina: 23,75



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