"Rata Necé Biti", ovvero la Bosnia dopo la guerra


Il lavoro di Daniele Gaglianone ha vinto il David di Donatello come miglior documentario nel 2009


Difficile restare insensibili di fronte a "Rata Nece Biti (La guerra non ci sarà)", documentario-fiume (quasi tre ore di durata) che Daniele Gaglianone ha girato in Bosnia per raccontare come quel paese abbia vissuto e sia uscito dalla guerra nei Balcani degli anni '90.

Difficile perché da qualunque parte lo si guardi (e il regista ne dà un ampio spettro, recandosi a Sarajevo e Srebrenica, a Tuzla e Suceska, parlando con musulmani e cattolici, bosniaci e serbi, tutti vittime di un conflitto assurdo, giovani senza speranze e anziani rimasti soli), quello della guerra nella ex-Jugoslavia è un tema ancora caldo e irrisolto, con le ragioni che sono difficili (impossibili) da assegnare e a cui forse solo la Storia potrà dare una univoca chiave di lettura.

Ma se "Rata Nece Biti" resta nella mente e nel cuore per alcune testimonianze di enorme valore (valga per tutte la prima a Zoran Herceg, che avremmo ascoltato raccontare per ore), non si può dire lo stesso delle scelte stilistiche di Gaglianone.
Neri sul parlato, stacchi improvvisi e "sporchi", primi piani forse troppo ravvicinati in molte delle interviste, una sequenza in "rewind"... Impossibile non notare come l'Autore - pur invisibile "fisicamente" - abbia voluto far pesare la propria presenza: l'intenzione la si può capire, le soluzioni adottate però non convincono.

"Rata Nece Biti" resta comunque un documento di grande valore per il tema affrontato e per la capacità di Gaglianone di lasciar "respirare" il racconto, circondando le parole dei suoi intervistati di lunghi momenti di silenzio in cui sono i loro volti, i loro gesti a parlare (carattere comune anche a molto cinema del regista torinese).

10/03/2012, 09:00

Carlo Griseri