Fondazione Fare Cinema
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"Generazioni d'Amore, Le Quattro Americhe di Fernanda
Pivano" e "Fernanda Pivano: A Farewell to
Beat": due opere per ricordare Fernanda Pivano


Potrebbe sembrare macabro proporre il viaggio di una persona appena morta fra tombe e lapidi commemorative. In realtà quello di Fernanda Pivano, la grande traduttrice, scopritrice e importatrice di letteratura statunitense, è un viaggio nella memoria, alla ricerca delle motivazioni e delle emozioni di una vita vissuta per la scrittura.
A Roma, alla Casa del Cinema, due documentari presentati ora, a neanche due mesi dalla sua scomparsa; "Generazioni d'Amore, Le Quattro Americhe di Fernanda Pivano" di Ottavio Rosati e "Fernanda Pivano: A Farewell to Beat" di Luca Facchini.

"Generazioni d'Amore, Le Quattro Americhe di Fernanda Pivano" è una lunga intervista realizzata a Roma nel corso degli ultimi sei-sette anni, in cui l'autore cerca di scoprire attraverso i ricordi e gli aneddoti, la vita della Pivano sin dall'infanzia. Una vita normale divenuta eccezionale seguendo con determinazione la passione della sua vita, la letteratura; in particolare quella contemporanea made in Usa, mostratale per primo da Cesare Pavese, e che attraverso le sue traduzioni all'inizio e il suo fiuto letterario in seguito è riuscita a rendere disponibile al pubblico italiano.
Il documentario di Ottavio Rosati ruota intorno al condominio di via della Lungara dove Fernanda Pivano ha abitato a lungo, in compagnia di personaggi della cultura forse un po' troppo orgogliosi di questo loro luogo di
residenza, membri di un esclusivo club di intellettuali (una Capalbio dentro le mura). Comunque la grande umanità di Fernanda Pivano, la sua onestà e la ricchezza della sua vita, rendono interessante il documentario e lo stare al
gioco di situazioni create per movimentare a tratti il video, in alcuni momenti un po' troppo cartolina, rendono il personaggio Pivano anche divertente.

Il secondo documentario di 70 minuti, "Fernanda Pivano: A Farewell to Beat" è un viaggio vero e proprio, con camera-car, skyline, cartelli stradali, primi piani sul sedile di dietro e tutto il resto alla ricerca dei vecchi amici americani della Pivano. Dalla tomba di Hamingway, alla casa di Allen Ginsberg, alla lapide di Jack Kerouak fino al cimitero romano dove è sepolto Gregory Corso, un appuntamento quest'ultimo in compagnia di Valerio Mastandrea, passando per la libreria City Lights di San Francisco, monumento in vita di Lawrwnce Ferlinghetti. Il lavoro di Luca Facchini, realizzato intorno al 2000, è dedicato maggiormente a questi scrittori e poeti e ai rapporti di amicizia della Pivano con Hamingway prima e con i protagonisti della beat generation poi, per finire con gli scrittori attuali, gli ultimi a esser scoperti e tradotti per l'Italia. Una voce, quella di Fernanda Pivano, di prima mano per entrare nel mondo entusiasmante di quella generazione, formata da persone eccezionali il cui sogno era cambiare il mondo; “...e credevamo che il sogno si potesse avverare” chiude la Pivano con il sorriso e lo sguardo perso nei ricordi.
Ed è proprio la nostalgia il tratto interessante dei due lavori su Fernanda Pivano; una nostalgia sana che inumidisce gli occhi e fa pensare con rimpianto “...perché io non c'ero?”. Una fotografia con le didascalie perfette di Fernanda Pivano, su un mondo in movimento dove chiunque poteva essere attratto dalla poesia o dalla prosa, “media” di allora per divulgare un modo di vivere e di pensare.

Alla serata di presentazione dei documentari, anche Francesco "Citto" Maselli, Dori Ghezzi (Pivano era grande amica di De André), Milena Vukotic e tra il pubblico Simone Carella, ideatore del Festival dei Poeti di Roma, che alla fine degli anni '70 portò in carne e ossa, sul palco di Castel
Fusano, i più grandi esponenti della beat generation e non solo.

06/10/2009, 13:42

Stefano Amadio