"Dogman" - Matteo Garrone in Concorso a Cannes
Matteo Garrone si conferma un maestro nel raccontare microcosmi degradati. Con "
Dogman" torna alla grandezza di "
Gomorra", all’angoscia maniacale e all’emarginazione de "
L’Imbalsamatore", all’umanità rassegnata di "
Reality".
In un zona franca in riva al mare, come direbbe un allievo di Marcello Dell’Orta “sgarrupata”, gli abitanti vivono in un mondo terziario, dove la produttività è ormai assistita e limitata al servizio: un compro oro, una sala slot, ua trattoria e una toletta per cani. Tra pozzanghere e giochi per bambini di un progetto pensato sociale e presto naufragato nel vandalismo e nell’incuria, tutti gli abitanti sono vittime più o meno indifferenti del criminale di quartiere Simoncino, un ex pugile che, con i neuroni bruciati dalle botte e dalla cocaina, terrorizza a suon di pugni e testate chiunque si metta sulla sua strada, anche solo a parole.
La vittima principale è proprio il tolettatore Marcello, dogman, anima buona e delicata che ama i suoi cani e sua figlia. Vittima, ma anche fornitore di cocaina e complice di molte malefatte, di Simoncino dal quale riceve qualche “stecca”. La situazione degenera con l’esasperante prepotenza del pugile il quale mette a segno un colpo che coinvolge un po’ tutto il quartiere creando un esplosivo mix di vittime e complici, di rancori e vendette.
Matteo Garrone prende spunto dalla cronaca di Roma di quello che sembra un lontano febbraio 1988. Un fatto mai chiarito del tutto che portò al ritrovamento di un cadavere torturato e mezzo bruciato e all’arresto e alla condanna di un solo colpevole soprannominato
er Canaro della Magliana.
Il film segue in parte la cronaca e per fortuna sceglie di andare a raccontare l’umanità (e la disumanità) dei personaggi o meglio delle persone, tanto sembrano reali questi di "
Dogman".
Garrone ci fa respirare l’aria del mare sporco che a poca distanza dalle case bagna e corrode senza sosta costruzioni e uomini. Asciutto come sempre, profondo e puntuale nelle situazioni, ha negli interpreti un forte valore aggiunto. La scelta e la direzione degli interpreti sono perfette per descrivere quel mondo.
Marcello Fonte è Marcello, esile dogman che vive per gli animali e per la bambina ma è anche affascinato dai soldi facili e dalla prepotenza di Simoncino, un
Edoardo Pesce che ci fa vedere, come di rado accade, come deve lavorare sul personaggio un vero attore. Ottimi anche
Adamo Dionisi e Francesco Acquaroli, vicini ai loro ruoli ideali ma con un tocco evidente di originalità e verità.
Il finale è sospeso, con l'istinto dell'animale domestico che mostra al suo padrone la preda lasciandola davanti alla porta di casa.
"
Dogman" si candida senza dubbio alla Palma d’Oro e a tutti i premi da qui alla prossima stagione. Ma soprattutto speriamo riesca a vincere il premio del pubblico, affascinando e riportando al cinema gli spettatori italiani.
17/05/2018, 17:44
Stefano Amadio