Fondazione Fare Cinema
!Xš‚‰

"Matteo Garrone è un regista imprevedibile
e molto ma molto riservato"


Il titolo del libro rende evidente ciò che un'ampia parte del grande pubblico sa di Garrone: "E' quello che ha fatto Gomorra", e poco più. Quanto è rappresentativo del suo lavoro questo film?
Domenico Monetti: Con "Gomorra" Matteo Garrone arriva a una maturazione a livello stilistico e contenutistico raro nel cinema italiano. Apparentemente film su commissione, in realtà è uno strano oggetto inclassificabile dove lo stesso best seller di Saviano e il cosiddetto genere d'impegno civile vengono scavalcati in favore di forme, ambienti e corpi mostruosi ora ingranditi ora rimpiccioliti da una macchina da presa sempre più simile a un pennello. Questi mondi apparentemente sommersi mai così lontani e mai così vicini sono già stati rappresentati ma in modo diverso da quel dittico che io definisco della crudeltà composto da "L'imbalsamatore" e "Primo amore". Dico in modo diverso perché in quei due film veniva a mancare il dramma corale in favore di un inferno personale, di pochi personaggi.

"Gomorra" è il punto di arrivo (finora) di un percorso unico e insolito. La sua filmografia è stata finora un percorso di continua crescita e miglioramento: è giusto dire così? Quali i passaggi più facilmente riconoscibili da un titolo all'altro?
Domenico Monetti: Nel volume abbiamo strutturato la filmografia del regista in tre periodi distinti: il primo è quello del cinema più privato, a tratti più casalingo e domestico, quasi degli home movies e molto vicini al primo Moretti ("Io sono un autarchico" ed "Ecce bombo" ma anche ai due film di Gianni Di Gregorio, "Pranzo di ferragosto" e "Gianni e le donne"). I film in questione sono "Terra di mezzo", "Ospiti" ed "Estate romana". C'è in questi primi film un'etica dello sguardo di tipo rosselliniano dove la realtà è lì di fronte a noi e non deve essere manipolata ma solamente ripresa, ovvero lo splendore del vero. Poi tutto questo cambia anche perché i film successivi sono prodotti da importanti case di produzione come la Fandango e film come "L'imbalsamatore" e "Primo amore" rappresentano la seconda fase del regista dove accanto a un'attenzione del vero c'è tutto il piacere del raccontare un noir, nel rappresentare una finzione stando sempre attenti nell'evitare di cadere nel didascalico e nel bozzettismo, utilizzando la macchina da presa (visto che Garrone è anche operatore) come un pennello per ingrandire non solo i corpi ma anche le psicologie. L'ultima fase è "Gomorra" che sembra ripartire dalle premesse tematiche degli ultimi due film per raccontare un dramma corale in cui gli ambienti stessi, sempre importanti nel cinema di Garrone, diventano attori protagonisti e gli stessi attori sono cose tra le cose. Raramente si è vista una coralità di oggetti e uomini nel cinema italiano.

I suoi film precedenti non hanno avuto la riscoperta che meritano da parte del grande pubblico dopo il successo di "Gomorra": quali i motivi secondo voi? Quali le caratteristiche più importanti dei suoi primi lavori?
Domenico Monetti:
A parte "L'imbalsamatore" che ha avuto un discreto successo di pubblico gli altri film e mi riferisco a quelli del primo periodo erano prodotti un po' di nicchia e in quel tempo il pubblico non era ancora pronto ad accogliere opere così eccentriche e particolari. Uno dei pochi a quel tempo a premiarlo e a valorizzarlo fu proprio Nanni Moretti (il cortometraggio "Silhouette" verrà premiato con il Sacher d'oro).
Invece per quanto riguarda "Primo amore" è uno dei film più crudeli del cinema italiano e per quanto mi riguarda è il mio preferito anche se posso capire la resistenza di un pubblico di fronte a un'opera terribilmente dolorosa e disperante.

Garrone ha creato negli anni un gruppo di lavoro molto riconoscibile: quanto è importante il loro affiatamento?
Domenico Monetti:
La prima produzione è importantissima e fondamentale perché è riuscita a creare un mondo, una realtà ben precise con protagonisti eccentrici, alcuni dei veri e propri freak. C'è poi tutto un umorismo e un'ironia particolari molto surreali come delle comiche di Buster Keaton. I primi tre film hanno permesso poi a Garrone di farsi conoscere e di maturare come autore cinematografico completo. Da qui però l'intenzione di Garrone di costruire una vera propria squadra o famiglia sul set, di lavorare sempre e comunque con fidati collaboratori ma potremmo chiamarli amici. Ecco perché il libro contempla diverse interviste ai suoi collaboratori più cari atti a svelare il suo particolare metodo di lavoro: Marco Onorato, Massimo Gaudioso, Gianni Di Gregorio.

Da "Gomorra" a oggi molte voci ma nessun altro film (ora sembra che a maggio debba iniziare a girare 'Big House'): cosa dobbiamo aspettarci dal Garrone del prossimo futuro?
Domenico Monetti:
Parlare di progetti futuri di Matteo è sempre difficile se non impossibile proprio perché è un regista imprevedibile e molto ma molto riservato. Forse - ma è una mia illazione! - potrebbe girare una commedia, come ai vecchi tempi... chissà...

12/04/2011, 09:17

Carlo Griseri