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FESTIVAL DEI POPOLI 59 - Intervista a Francesco Fei


Il regista ci racconta la genesi e la realizzazione del documentario "La Regina di Casetta".


FESTIVAL DEI POPOLI 59 - Intervista a Francesco Fei
Una scena di "La Regina di Casetta"
Come è nata l'idea per la realizzazione e la produzione di "La Regina di Casetta"?
Francesco Fei: Casetta di Tiara l’ho conosciuta attraverso mio padre che incuriosito da un articolo che aveva letto, mi ha proposta di andarci per una gita insieme. In effetti Casetta è un posto molto particolare. Apparentemente è uguale ai tanti villaggi sperduti dell’Appennino. Nella realtà ha dei tratti distintivi che lo rendono unico. Per quanto piccolo, fin dal medioevo è stato un punto di passaggio sulla via che arrivava dall’Emilia. Per questo lì si è creato un dialetto proprio del paese: il Casettino, forse di origini bizantine. Poi è soprattutto il luogo dove si sono consumati gli unici giorni felici della storia d’amore fra Dino Campana e Sibilla Aleramo. Inoltre c’è un ristorante buonissimo che è gestito dai genitori di Gregoria e questo è forse il motivo principale per cui il paese è rimasto abitato fino ai nostri giorni. In realtà il motivo principale è l’esistenza della strada (costruita negli anni 50) che per quanto impervia ha permesso di mantenere un legame fra il paese e il resto del mondo.
Dette queste basi storiche e sociali, molto interessanti a livello narrativo, il fattore decisivo che mi ha fatto pensare di fare un documentario è chiaramente stata la presenza di Gregoria.
Quando l’ho conosciuta aveva 11 anni. Il fatto che vivesse lì, isolata e unica bimba all’interno di una comunità di una decina di persone adulte, la rendeva speciale. E particolare era anche il suo approccio nei confronti del mondo, in particolare con il contesto ambientale e naturale. Un aspetto che la maggior parte dei bambini, confinati oggi nelle città, hanno completamente perso. Ho pensato che la sua era una bella storia da raccontare.
Una storia, fra l’altro, con una sua scansione temporale ben precisa. Fin dalla prima volta che ho parlato con i genitori di Gregoria, era chiaro che alla fine della terza media, la famiglia si sarebbe dovuta trasferire in valle per permettere a Gregoria di andare alle scuole superiori. Questo avrebbe probabilmente portato allo spopolamento del paese. A livello narrativo avevo un inizio (il primo giorno di scuola dell’ultimo anno di Gregoria a Casetta) e una fine (il trasferimento). Così abbiamo deciso di raccontare un anno di vita di Gregoria, il suo ultimo a Casetta.
Produttivamente ho ricevuto l’appoggio di Sandro Salaorni di Larione 10 di Firenze. Insieme siamo riusciti a reperire i primi fondi attraverso Rai, Mibac e Filmcommission Toscana.

Come sei entrato in sintonia e come ti sei approcciato con la protagonista Gregoria?
Francesco Fei: Ho cercato di entrare in punta di piedi nella sua vita e in quella della comunità, abitando il paese, inizialmente senza girare niente. In questo sono stato molto aiutato dalla famiglia di Gregoria che fin da subito mi ha accolto nella loro vita con calore e affetto.

Si può definire il tuo film come un "film generazionale che racconta un piccolo mondo"?
Francesco Fei: Mi piace molto questa definizione. Solo una nota a riguardo. Per quanto abbia in certi passaggi, soprattutto nel finale, un approccio molto filmico, lo definirei comunque un documentario, non un film. Per me un film rimane un’opera di finzione mentre ‘La Regina’ è una storia vera raccontata senza mediazioni fiction.

Mi ha colpito una frase di un personaggio del film "in cento chilometri su questo montagna abitano solo 800 persone". Come è stato per te essere la "801 anima"?
Francesco Fei: È stato molto bello. Una vera esperienza umana, prima ancora che professionale. Per un anno, una settimana al mese, ero a Casetta ed entravo in un mondo molto particolare, calmo, quieto, poetico, molto diverso da quello a cui sono abituato a Milano. Tutte le volte che iniziavo a salire verso Casetta, sentivo di entrare in un mondo a parte. Comunque le anime ‘straniere’ erano due. L’801 ero io, l’802 era Massimiliano Fraticelli, fonico e musicista, che mi ha accompagnato con dedizione e bravura in questa bellissima esperienza.

Nel tuo cinema ricorre sempre la ricerca di alcuni "luoghi non luoghi", come in "Armenia" ed "Archi_nature Balkans"...
Francesco Fei: Si hai ragione, anche in Onde Genova era vista come una sorta di luogo a parte, un no luogo. Ma si tratta di scelte legate alla mia sensibilità e interessi. Non è certo una cosa pianificata a livello teorico o artistico

Per concludere, cosa è cambiato durante il percorso di vita a Casetta di Tiara dall'idea iniziale del film alla realizzazione finale?
Francesco Fei: Come ho detto prima, fin dall’inizio ho avuto chiaro quale sarebbe stato lo sviluppo narrativo del documentario. Certo in un anno le cose cambiano e le occasioni che si creano talvolta sono diverse da quelle pianificate. Di sicuro per la realizzazione finale del progetto molto importante è stato il lavoro del montatore, Claudio Bonafede. Avevamo più di 10 ore di girato ed è con lui che abbiamo preso delle decisioni importanti a livello espressivo. Per esempio, abbiamo capito che non potevano permetterci di uscire dalla magia che il luogo evocava, perciò abbiamo deciso di escludere quasi tutto il girato che non fosse stato realizzato a Casetta e che vedeva Gregoria e talvolta anche la famiglia vivere situazioni in paesi vicini più grandi, come per esempio Firenzuola. Questo ha comportato rinunciare anche a situazioni molto interessanti, ma sono convinto che era la cosa giusta da fare.

03/11/2018, 19:11

Simone Pinchiorri