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UN POSTO SICURO - Lavorare in Apnea


Il tema dell'amianto nell'opera prima di Francesco Ghiaccio. Con Marco D’Amore, Giorgio Colangeli, Matilde Gioli nelle sale da 3 dicembre 2015.


UN POSTO SICURO - Lavorare in Apnea
Giorgio Colageli e Marco D'Amore in "Un Posto Sicuro"
L'Eternit può essere eterno, ma il materiale di cui è fatto, l'amianto, ha distrutto la vita di tantissimi operai e non solo; a Casale Monferrato, in Piemonte si contano fino ad oggi oltre 1800 morti.
"Un posto sicuro" racconta l’ingiustizia subita dalla comunità piemontese, attraverso il dolore e il desiderio di denuncia che prova il protagonista.

Luca, Marco D'Amore, è un uomo che ha chiuso i proprio sogni nel cassetto e vive facendo il clown e il giocoliere alle feste. In questa occasione incontra Raffaella, Matilde Gioli, una ragazza dell’alta borghesia che si affeziona a lui.
Ad una possibile idilliaca storia d’amore, il film devia verso un’altra direzione, opposta e contraria. Il padre di Luca, Giorgio Colangeli, ex operaio dell’Eternit di Casale, si scopre malato di tumore all’ultimo stadio, causato proprio dall’inalazione di fibre di amianto. Padre e figlio si trovano di nuovo vicini, tra rabbia repressa e voglia di essere utile all’altro: Luca assisterà il padre in questa ultima fase della sua vita e allo stesso tempo Edoardo cercherà di aiutare il figlio a realizzare uno spettacolo teatrale.

Un’opera prima all’altezza del tema trattato, che apre un varco su un tema delicato e di un processo come quello di Torino finito ingloriosamente in Cassazione. Ad una poeticità delle scene come quella dell’esibizione iniziale del clown o della calma che avvolge il paesaggio di Casale, si alterna una drammaticità verbale e di scontri.

Marco D’Amore che ha anche scritto la sceneggiatura insieme a Ghiaccio, diventa vero protagonista della storia; la malattia del padre così come il dramma dell’amianto che ha colpito l’interno paese, passano da lui e attraverso lo spettacolo teatrale prendono spazio. Un dramma che a tratti si fa documentario ma che sa anche abilmente sfruttare la bravura di Giorgio Colangeli che in un monologo molto efficace, racconta la sua vita passata in quello che doveva essere un posto sicuro.

L’eccessiva drammaticità della storia, dai toni alle lunghe passeggiate è ben contestualizzata, mentre non si rimane indifferenti alla morbosa attenzione data a Marco D’Amore e ad una catarsi, a volte maniacale. Un posto sicuro convince perché a una narrazione solida, alterna numeri, dati e testimonianze della tragedia dell’amianto, sempre con un tocco di magia e teatralità simile a quella utilizzata da Totò per descrivere la propria meningite.

01/12/2015, 10:00

Marta Leggio