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Note di regia della serie "Le Origini di Gomorra"


Note di regia della serie
Che cosa è possibile raccontare della camorra oggi che non sia stato già detto da Gomorra in poi? Probabilmente tutto quello che ha prodotto l’attuale Gomorra. Il nostro progetto parte quindi da qui. Abbiamo immaginato una forma metanarrativa. Un uomo, un regista, riceve l’incarico di girare quattro documentari. Ma è un uomo che non sa nulla. È una tabula rasa. Deve quindi cominciare dall’inizio.
Ecco chi è il nostro regista. Uno sguardo che vagabonda, e che man mano che procede accumula dati e date, nota coincidenze, sottolinea gli intrecci.
La forma della docufiction ci permette di adottare questo secondo sguardo (quello del regista) che raffredda, e ci permette di essere lucidi e analitici. La narrazione ha modo così di trovare il suo spessore sottraendosi alla monocromia della semplice documentazione. Dall’altra gli incontri con magistrati, testimoni, e parenti delle vittime di camorra ci permettono di ricostruire in maniera “cronachistica” e precisa la successione degli eventi.
Ho immaginato per questo uno stile di regia duplice. Il protagonista è seguito quasi sempre di spalle, come se noi spettatori fossimo il suo ideale compagno di viaggio, e con uso preferenziale di grandangoli, per inserire il “regista” dentro il territorio, dentro gli ambienti che va a guardare. Le interviste invece sono affidate per lo più a primissimi piani, in cui si lascia spazio sostanzialmente all’emozione o alla ricostruzione, e in cui resta solo la voce dell’intervistato.
Ognuno dei quattro documentari è stato pensato poi con uno stile fotografico differente. Con viraggi spinti verso una tonalità dominante per ciascuno di essi. Nel tentativo di aderire a un’epoca e ad un territorio. Il blu freddo per Luigi Giuliano e Forcella. Il caldo ocra per i territori casertani dei Casalesi. Una forte desaturazione per Raffaele Cutolo. Un tomo medio freddo per Scampia e Paolo Di Lauro.


[Raffaele Cutolo – 1 documentario] Il documentario comincia il 19 ottobre del 2012. E' il giorno dei funerali di Pasquale Romano, ennesima vittima innocente di camorra e prova tangibile che anche nei periodi in cui pare meno all'attenzione dei media, in realtà la camorra continua il suo sanguinoso dominio sul territorio.
Un uomo di cui non verrà mai detto il nome decide di ritornare nella sua città natale – Napoli – per girare quattro documentari. Sarà lui il nostro Dante, impegnato in una personalissima discesa agli inferi. E come tutti i viaggi infernali che si rispettano il suo ingresso avviene in un luogo magico: sul cratere del Vesuvio. Qui si imbatterà nel cantante Marcello Colasurdo, impegnato a dedicare alla città che gli si estende davanti una struggente litania “l'auciello grifone”, il cui senso capiremo alla fine del doc.
Incontrerà De magistris, l'attuale sindaco di Napoli, e soprattutto il suo primo “Virgilio – Luigi Necco, un vecchio cronista della Napoli anni settanta e ottanta che lo aiuterà a ricostruire le tappe che hanno portato all'ascesa di un uomo di modeste origini come Cutolo. Il professore e storico delle mafie Isaia Sales lo aiuterà invece a mettere a punto i moventi sociologici che hanno portato all'ascesa di Cutolo e della camorra in generale sul territorio campano. L'ultimo incontro è con i familiari di di Marcello Torre, ex sindaco di Pagani, un piccolo comune alle porte di Salerno, che fu barbaramente ucciso dagli uomini di Cutolo perché si oppose alle loro infiltrazioni negli affari del post terremoto.
La cosa certa che il nostro uomo ha capito è che il terremoto del 1980 è stato l'inizio di mille disgrazie per la città, non solo per i morti che ha provocato, ma soprattutto per i soldi che ha fatto piovere, soldi che hanno risvegliato appetiti vertiginosi e rinsaldato il legame tutt'ora resistente tra politica e criminalità. E che a sconfiggere Cutolo più che lo stato fu l'alleanza dei nuovi camorristi capeggiati da Luigi Giuliano...

[Luigi Giuliano – 2 documentario] Ascesa, caduta e pentimento di Luigino Giuliano, detto Lovigino, per la sua fama di playboy e per la sua innegabile capacità seduttiva. Se Cutolo era stato il boss professore, che aveva comandato tutto dalle carceri, Luigi Giuliano si immerge nel cuore del suo quartiere – Forcella – per far sentire alla gente che il boss è sempre a disposizione del “popolo”. Luigi Giuliano canta, scrive canzoni per Gigi D'alessio, sogna di fare l'attore, si intrattiene con calciatori e modelle e intanto si spartisce i proventi del contrabbando di sigarette e del gioco d'azzardo.
E' il giovane giornalista Arnaldo Capezzuto il secondo “Virgilio” del nostro uomo. E con lui andrà in giro, in vespa e a piedi, per farsi raccontare la camorra di metà degli anni ottanta e il territorio.

[Francesco Schiavone – 3 documentario] usciamo da Napoli. Ci inoltriamo nell'entroterra casertano, tra strade abbandonate, enormi appezzamenti di terra che nel corso degli anni sono diventati centri di sversamento dei rifiuti (la cosiddetta terra dei fuochi), percorriamo la strada statale domiziana, quella che fino a pochi anni fa vedeva scorrazzare impazzito e imbottito di coca il sanguinario boss Setola, l'autore della strage degli africani. Il terzo Virgilio è il giornalista Vincenzo Ammaliato, cronista di nera che vive sulla sua pelle, da decenni, la profonda distanza tra stato e anti-stato, qui particolarmente violenta. E grazie alla quale è emersa in tutta la sua ferocia la figura di Francesco Schiavone - detto Sandokan per la evidente somiglianza con l'attore Kabir Bedi. Uomo oramai condannato al 41bis grazie all'immenso lavoro del processo Spartacus che ha decimato il clan dei casalesi. E saranno i magistrati Cantone a Magi a raccontarci il processo. Ma che finché è stato libero ha edificato un impero miliardario sui rifiuti e sul pizzo ai cantieri edili. Chiudiamo incontrando un ghanese, parente di uno dei sette africani uccisi nella strage di Castelvolturno del 2008. Lui ancora oggi vive nel luogo della strage. Solo, impazzito e abbandonato da tutti.

[Paolo Di Lauro – 4 documentario] Per oltre vent'anni quest'uomo schivo e solitario ha costruito un impero economico senza precedenti. Centinaia di società intestate a suoi prestanome, un traffico di droga così imponente da aver trasformato Scampia nella più grande piazza di spaccio di tutta Europa con un giro di soldi complessivo di oltre mille miliardi di lire all'anno. Eppure nessuno sapeva che faccia avesse, nessuno lo aveva mai visto in pubblico. Non era arrogante come Cutolo, né alla moda come Giuliano. E neppure sanguinario come Sandokan. Di lui si racconta che amasse contare i soldi più che sparare. E' Conchita Sannino l'ultimo virgilio a guidarci nella biografia del boss invisibile di Scampia.
Il quale cade nel momento in cui si apre una faida sanguinosa tra i suoi uomini e i suoi ex alleati, chiamati gli scissionisti. Sono gli anni in cui si impone il marchio Gomorra nel mondo. Da dove veniva Di lauro? Anche lui dai soldi del post terremoto e dal silenzio terribile della politica, che pur sapendo, non ha mosso un dito.
Così capiamo. E' una storia circolare. Dove sangue chiama sangue. Dove per ogni boss che muore o finisce in galera ce n'è un altro pronto a subentrare. E ora che questo quadro gli è chiaro, il nostro uomo è pronto. Può girare i suoi quattro documentari e raccontare.