Carolina Crescentini ne "L'Industriale" di Giuliano Montaldo
Di primo acchito - devo confessarlo - avevo deciso di rinunciare al miglior film italiano di gennaio. Le recensioni elogiative di "
L'Industriale" di
Giuliano Montaldo non mi avevano convinto. E' la storia, come sapete, di Nicola Ranieri, proprietario e gestore delle Officine Meccaniche di Torino, ereditate dal padre, sull'orlo del fallimento. Sposato da otto anni, senza figli, con Laura, ricca borghese come lui, a torto sospetta che lo tradisca con un giovane garagista, ma non si rende conto di essere fallito come marito. Scritto con la moglie
Vera Pescarolo e il prolifico
Andrea Purgatori.
Invece di raccontare cause, responsabilità, rapporti con i 70 operai che non può più pagare e che rischiano la disoccupazione,
Montaldo scarica tutto sulla recessione che da anni affligge l'Italia e l'Europa, sullo strozzinaggio delle banche e delle assicurazioni e dedica molto, troppo spazio alla gelosia dell'imprenditore e degli insensati pedinamenti della moglie. C'è persino una lieta fine. Praticando l'antica arte italica dell'arrangiarsi, il Ranieri, si mette con un espediente disonesto sullo stesso piano dei suoi presunti persecutori.
Il genovese
Giuliano Montaldo (1930), appartiene alla mia generazione. Gli devo rispetto per la lunga carriera e, regista diseguale, provo ammirazione per i suoi film migliori. A cominciare dal laconico titolo (mai usata la parola "industriale" nei titoli della storia del cinema italiano), il suo ultimo film ha più di un merito: la bravura del protagonista
Pierfrancesco Favino (di cui nel corso del 2012 vedremo altre tre interpretazioni), un po' meno quella di
Carolina Crescentini in un personaggio contraddittorio, le livide luci e i colori della fotografia di
Arnaldo Catinari, il talento dello scenografo
Francesco Frigeri.
Almeno a Milano, in gennaio non è stato presentato in sala alcun documentario lungo italiano. In un Dvd casalingo ho visto "
Sic Fiat Italia" di
Daniele Segre che piglia spunto dal referendum (13-14 gennaio 2011) imposto da Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat Chrysler, agli operai: accettare nuove condizioni lavorative e continuare a lavorare oppure non accettarle e far chiudere la sede centrale della Fiat Mirafiori, fondata nel 1899 da Giovanni Agnelli. Il referendum si concluse con la prevalenza dei "sì" per pochi voti. Storia di una sconfitta? Ma non di una rassegnazione.
Dice Segre: "Con il cinema io intervengo dove sento che ce n'è bisogno". Appassionata ma non faziosa, è una testimonianza sul conflitto tra due realismi: quello dei "sì" (se chiude chi ci dà da mangiare?) e quello dei "no" (se cediamo non avremo più forza e dunque la garanzia del lavoro miserabile che ci promettono).
Non sarà facile vedere "
Sic Fiat Italia". Non passerà probabilmente in tv, come quasi mai capita ai documentari, tanto meno quelli sul lavoro. La Feltrinelli, però, pubblicherà presto un cofanetto con quattro documentari di
Daniele Segre tra cui "
Morire di Lavoro" (2008). Intanto è un Dvd autodistribuito da "I Cammelli" dello stesso regista/produttore. Dura 56 minuti, in bianconero e colore.
26/01/2012, 11:12
Morando Morandini