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Note di regia del film "Italian Dream"


Note di regia del film
Credo che, al di là del primo impatto da favola moderna colorata con le tinte della commedia-thriller, "Italian Dream" sia innanzitutto un piccolo apologo sull’inafferrabilità del senso della vita nei nostri tempi ormai già etichettati come post-contemporanei, dove la realtà è scivolosa e cangiante e ipervirtuale, apparentemente sempre più provvisoria (per questo avevo chiesto a Ivano Marescotti, “eroe” del film, di recitare tutte le scene “come se dovesse tenersi in piedi su una lastra di ghiaccio”).
In secondo luogo, il film (la parabola del suo protagonista principale) è anche una metafora della situazione attuale del nostro paese: futile, litigioso, incosciente, giocherellone, instabile, agitato, fragile, narcisista e forse (tocchiamo ferro) anche destinato a una brutta fine.
Tutto ciò è espresso con uno stile che tende a mescolare vari elementi: il thriller con la commedia leggermente sgangherata, il fantastico con il reale, lo stereotipo quotidiano con l’assurdo, il colore gridato e iperrealista con la deformazione espressionista.
L’alto con il basso, direbbe chi se ne intende.
E’ un apologo dal sapore un po’ gogoliano, con un Antonio/Marescotti /Buster Keaton che viene travolto dalla realtà ( assurdità) che lo circonda, nonostante pensi di avere sempre perfettamente la situazione sotto controllo.
Il vitalissimo Antonio è un tipico italiano dei nostri giorni alle prese con un lavoro precario, le rate da pagare, i prestiti delle finanziarie, il Superenalotto, con in più una passione insana per le scommesse. Un uomo di oggi che insegue un sogno per metà antiquato (la Post- Swinging London di quando era ragazzo) e per metà contemporaneo (aprire un ristorante italiano di successo nella scintillante Londra del primo decennio del secolo, come ultimamente vorrebbero fare tutti quelli che sanno qualcosa di cibo e di vini). E che finisce per cadere, assieme al suo supponente avversario, in un gioco molto più grande di lui.
Citavo prima Gogol perché l’ho sempre amato, e in qualche modo lo considero un narratore dell’ eterna, comica disperazione del mondo, per molti versi sempre attuale: le sue ridicole figurine affondavano nel grigiore burocratizzato e vuoto della realtà russa dell’epoca, mentre i protagonisti di Italian Dream galleggiano a stento nel colore gridato, ipercomunicato e vuoto della società di oggi.
Se c’è un filo che lega i miei film, fin da "Strane Storie" e "Consigli per gli Acquisti", credo sia quello dell’analisi stupita di come tutti noi ( e noi italiani all’ennesima potenza!) ci troviamo a vivere immersi nell’assurdo quotidiano, come in una specie di acquario inquinato dove sguazziamo poco consapevoli di quel che ci circonda.
So che non è una strada battuta dal cinema nostrano, e alcuni (soprattutto tra gli addetti ai lavori) mi rimproverano di non avere uno stile ben identificabile nel panorama nazionale, dove prevale comunque la tendenza alla commedia realistica elegantemente levigata con elementi melò.
Non si capisce se le mie cose sono serie o facete, mi dicono.
Non so esattamente cosa rispondere. Mi viene solo da pensare: ma non è un pregio?

Sandro Baldoni