Sinossi *: L’ECO DEI FIORI SOMMERSI di Rosa Maietta
L’archivio di Stato di Napoli, fondato nel 1808, custodisce settanta chilometri lineari di documenti dall’XI secolo d.C. agli anni Cinquanta del Novecento. Sommerse nei cunicoli dell’edificio assieme alla mole di faldoni centenari, ci sono le archiviste: “Gli archivisti fanno un lavoro di metodo, sono dei formalisti, degli ordinatori” dice una di loro. “Dovrebbero stare attenti più al metodo che al merito delle carte. Ma questo non è vero. Si finisce per appassionarsi alle storie, alle persone. Entra in gioco l’emozione”. E così, in un collage di materiali d’archivio e reenactment, la regista affida alle archiviste il doppio compito, storico e morale, di custodire le storie e tramandare le voci di altre donne, come loro, sepolte tra le carte dei tribunali, dei processi, delle perizie e delle sentenze. C'è chi come Linda, che incinta dell'uomo di cui si era innamorata quando il marito era partito al fronte, abortisce per paura della vergogna. O chi come Emma, operaia antifascista, viene mandata in carcere e all’esilio dal regime di Mussolini.
Ciò che ne esce sempre sconfitta è una prospettiva storica in grado di riconoscere la matrice di genere delle violenze e delle disparità giudiziarie subite dalle protagoniste. Nelle mani delle archiviste le storie sommerse rifioriscono, trattate con la stessa cura e meticolosità delle pagine su cui sono scritte, e acquistano la sacralità malinconica di una vecchia tartaruga silenziosa ma enorme che passeggia nell’Archivio di Stato.