Recensioni di :
- LA PRODIGIOSA TRASFORMAZIONE DELLA CLASSE OPERAIA IN STRANIERI


Sinossi *:
Samir è un regista svizzero figlio di immigrati iracheni arrivati nella Confederazione nei primi anni ’60, quando lui era un bambino. Il 7 giugno 1970, il giorno in cui la cosiddetta iniziativa Schwarzenbach venne respinta per un pugno di voti dagli elettori svizzeri, Samir aveva 15 anni e da 8 viveva nella cittadina operaia di Dübendorf, vicino Zurigo. L’iniziativa referendaria del consigliere nazionale James Schwarzenbach mirava a limitare drasticamente il numero di lavoratori stranieri nel paese e avrebbe condannato all’espulsione forzata centinaia di migliaia di immigrati, per due terzi italiani. Il referendum, a cui all’epoca potevano partecipare solo gli elettori maschi, venne sì bocciato di misura, ma mostrò un paese spaccato e sempre più discriminatorio nei confronti degli immigrati. Samir stesso incominciò a sentire su di sé il peso dei pregiudizi negativi della popolazione autoctona verso gli stranieri.
In effetti dalla fine degli anni '50 in tutta Europa si era verificato un massiccio movimento migratorio dai paesi mediterranei a quelli centro e nord europei. Milioni di lavoratori del Sud Europa si spostarono nei Paesi più industrializzati in cerca di opportunità di lavoro e di migliori condizioni di vita. Di questi gli italiani erano la grande maggioranza. Perlopiù erano braccianti e contadini. Lasciavano i loro paesi, le loro famiglie, le loro vite segnate dalla miseria e dallo sfruttamento.
La Svizzera è stata il paese europeo che nel secondo dopoguerra ha conosciuto il tasso d’immigrazione più alto del continente, assorbendo quasi la metà dell’emigrazione italiana del secondo dopoguerra, oltre due milioni di persone su una popolazione svizzera di poco più di 5 milioni di persone. Ancora oggi, quella in Svizzera è la terza comunità italiana nel mondo. Concepita come immigrazione temporanea, dopo qualche decennio divenne stanziale e contribuì in modo rilevantissimo alla crescita dell’economia elvetica e alla creazione della ricchezza del paese. Ma ebbe una grande influenza nel paese anche sul piano culturale e sociale. Questa indubbia influenza è stata riconosciuta solo tardivamente, dopo anni in cui le condizioni dei lavoratori italiani in Svizzera (come peraltro negli altri paesi europei di approdo) erano state molto dure, fonte di enormi disagi, di sofferenze e di discriminazioni. Mentre paradossalmente erano gli immigrati che costruivano le case per un paese ormai prospero, loro erano in genere costretti a vivere nelle baracche o in abitazioni cadenti e malsane. Centinaia di migliaia di persone si videro negare il ricongiungimento familiare in nome dello "statuto dei migranti stagionali", per cui molti genitori tenevano nascosti i loro figli, costretti a non farsi vedere e ad essere sempre allerta.
Le condizioni di lavoro erano dure e qualsiasi sbaglio veniva punito anche con la cacciata dal paese. Il mondo della politica guardava con indifferenza ai problemi dei migranti e per una parte soffiava sul fuoco dei sentimenti xenofobi e razzisti. Gli immigrati stavano fuori dalla società, discriminati e senza diritti. Nell’opinione comune erano dileggiati: italiano era. La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri sinonimo di delinquente o di zoticone. I partiti della sinistra istituzionale e gli stessi sindacati mantennero anch’essi una posizione ambigua nei confronti dell’iniziativa Schwarzenbach. Mentre in precedenza, e per oltre 100 anni, la cultura operaia svizzera si era fondata sulla solidarietà di classe e sulla spinta dei sindacati e delle organizzazioni politiche, a incominciare dal Partito socialdemocratico, negli anni '70 questa cultura collassò in un breve lasso di tempo. L'idea di lottare per obiettivi comuni divenne obsoleta e venne un periodo di depoliticizzazione e di xenofobia per gran parte della popolazione svizzera.
Il film documentario La prodigiosa trasformazione della classe operaia in stranieri racconta queste vicende, che alle volte hanno anche tinte epiche, per il coraggio di chi le dovette subire ma anche per le dimensioni del fenomeno e per l’incidenza che ha avuto della storia della Svizzera. E dell’Italia, dobbiamo aggiungere, il paese che più di ogni altro si confrontò con massici esodi di popolazione prima dal Sud al Nord del paese e poi in Francia, Belgio, Germania e, appunto, soprattutto in Svizzera, un paese che è diventato il simbolo di questi grandi movimenti di popolazione, dagli anni ’50 a tutti gli anni ’70.
Il film si sviluppa a partire dall’esperienza del regista, che ha vissuto personalmente questi conflitti e queste trasformazioni sociali. La narrazione parte dai primi anni '60 e viene raccontata attraverso brevi episodi animati, realizzati con la tecnica dei video-giochi, in cui sono condensati episodi di vita del regista dalla sua infanzia in un ambiente operaio degli anni ’60: la vita di un bambino migrante in un sobborgo operaio di Zurigo, l’adolescenza come attivista nel movimento sindacale di sinistra fino agli anni '70, l’amicizia con tanti italiani immigrati, la rappresentazione del crollo delle vecchie industrie e dei loro sindacati.
Queste vicende personali si intrecciamo con la ‘Grande Storia’, quella che mostra l’incidenza di questi fenomeni nella società e nella cultura dei paesi che ne furono più toccati, e in tutta Europa. Questa storia viene raccontata con i materiali filmati istituzionali dell’epoca, notiziari e programmi televisivi di uno e l’altro paese. Poi con i racconti diretti e le testimonianze degli immigrati di allora, con un’ampia selezione di preziosi archivi filmati e fotografici, oltre che con estratti di film lungometraggi dell’epoca che entrano nel merito di questo fenomeno.
Oggi sembra che nessuno parli più di classe operaia, men che meno i partiti della sinistra storica. Naturalmente, nelle nostre società informatizzate e automatizzate, ci sono ancora persone che fanno lavori fisicamente faticosi e pesanti. Ma il termine “operaio” è stato sostituito nei fatti, nel linguaggio corrente e nella percezione della gente, dalla parola “straniero”. Perché un quarto delle persone che vivono in Svizzera, quelli che fanno i lavori più sporchi e sottopagati, viene da altri paesi, paesi extraeuropei, ormai. La maggior parte dei cittadini svizzeri – ma lo stesso avviene ormai in tutti i paesi europei, anche quelli che fino a qualche tempo fa erano al centro di grandi flussi di emigrazione, come l’Italia - ora considera “normale” che ci siano “stranieri” che, a differenza degli “svizzeri”, fanno i lavori di fatica senza godere dei diritti civili. Non importa per quanto tempo vivono da noi, non importa se lavorano e pagano le tasse nei nostri paesi, e neppure se vi sono nati: sono altro, non appartengono allo Stato democratico.

NOTIZIE 'La Prodigiosa Trasformazione della Classe Operaia in Stranieri'



ULTIME NOTIZIE