TORINO FILM FESTIVAL 43 - AVEMMARIA di Fortunato Cerlino
Presentato nella sezione Zibaldone del 43.mo Torino Film Festival il film drammatico
Avemmaria, diretto da
Fortunato Cerlino, al suo debutto alla regia.
Film drammatico tratto dal romanzo stesso del regista “Se vuoi vivere felice”, che ha il pregio di approfondire il conflitto tra infanzia e maturità di Felice, in uno scenario sociale desolante, di miseria, dove l’unica via d’uscita, non senza rischi però, sembra essere la camorra.
Felice bambino (interpretato da un bravissimo
Mario Di Leva), diventa uomo e padre (interpretato da
Salvatore Esposito). Il racconto ripercorre la sua infanzia nella periferia di Napoli degli anni Ottanta, affrontando traumi e lottando per realizzare il suo sogno, per cambiare un destino già scritto. Da quelle parti si usa dire: “Chi è nato tondo nun pò murí quadrato”, che suona, purtroppo, come una sentenza irrevocabile.
Felice vive in due stanze buie col padre Raffaele, che ha appena perso il lavoro, con sua madre Antonietta, con troppi figli e un lutto da elaborare, con sua nonna Filomena, una donna perennemente vestita di nero e soffocata dal rancore, con tre fratelli e un altro in arrivo. Non solo a Napoli, ma come in tutte le province del mondo, soprattutto quando sei povero, essere bambini o sognatori è un segno del destino che deprime o può diventare uno stimolo a volere essere qualcun’altro.
Felice ha due scenari possibili: essere sopraffatto dalle logiche della miseria e violenza, o lottare con forza e resilienza per uscirne. Per sua fortuna Felice trova sulla sua strada le maestra Giulia, che è brava ed attenta a notare il suo talento nel canto, stimolandolo a valutare orizzonti diversi. E quando Felice vede sul sussidiario l’impronta di Neil Armstrong, capisce che anche lui potrebbe lasciare quel contesto disagiato e di miseria e raggiungere finalmente la luna.
“Esiste un’uscita dall’inferno, ma quella porta la si può vedere solo ad occhi chiusi”, dichiara il regista. Il film sembra infatti costruirsi proprio intorno a questa visione: il cambiamento, se possibile, passa attraverso uno sguardo interiore, non lineare, che si mette in discussione con la propria storia, dove l’infanzia non è vista come una stagione perduta e passata, ma come uno spazio intimo che continua a pulsare ed agire nel presente.
25/11/2025, 08:22
Luca Corbellini