VENEZIA 82 - Gallo: “La mia prima regia
all’insegna di Eduardo De Filippo”
L’attore napoletano racconta il suo esordio alla regia con “
La salita” in cui rievoca un episodio poco conosciuto della vita di Eduardo De Filippo. Con Roberta Caronia, Mariano Rigillo, Shalana Santana, Antonio Milo, Gianfelice Imparato, Maurizio Casagrande. Una produzione Panamafilm, F.A.N. con Rai Cinema.
Una grande responsabilità per un attore, figuriamoci se napoletano, ma che
Massimiliano Gallo, dopo i primi dubbi, ha affrontato con grande passione e impegno: “La salita”, scritto insieme a Riccardo Brun e Mara Fondacaro, presentato a Venezia 82 alle Giornate degli Autori , è il suo esordio alla regia che racconta del legame speciale tra Eduardo De Filippo e i ragazzi del carcere minorile di Nisida.
“Per noi artisti napoletani, e non solo, approcciarsi a Eduardo De Filippo è molto impegnativo, ma va affrontato, perché Eduardo è l’autore italiano più rappresentato al mondo, bisogna farlo con grande rispetto, cercando di capirlo e di non cambiarlo perché era anche uno dei più grandi intellettuali. Mariano Rigillo che lo interpreta nel film ha fatto un grande lavoro, non lo ha imitato, ma ne ha colto lo spirito”.
Quello di passare dietro la macchina da presa non è stata una decisione ben ponderata:
“Credo che sia un passo che non bisogna per forza fare, credo che si debba fare solo se si sente l’esigenza di raccontare qualcosa con il cuore, io l’ho fatto perché i ragazzi di Panama Film erano convinti di farmi fare questo passo, io all’inizio ho detto di no, poi piano piano sono entrato anche nel lavoro di scrittura. La cosa strana è che al primo ciak ero molto tranquillo, anche se avevamo poco tempo, solo quattro settimane, con tante scene e tanti attori da seguire. Io sono stato contento perché abbiamo messo in piedi una squadra di lavoro eccezionale, quindi spero che si possa ripetere come esperienza”.
Una storia che parla di speranza, di possibilità, di rinascita, del potere salvifico del Teatro e dell’arte, rifiutando di dare un’immagine stereotipata dei protagonisti:
“Non amo i cliché, ormai quando si parla di delinquenza l’equazione “Gomorra” e “Mare Fuori” è inevitabile, noi parliamo di altro, non mi interessava raccontare quello, non mi interessava raccontare le dinamiche del carcere, né perché i ragazzi sono dentro. Mi interessava mostrare come all’interno di una dinamica complicata come il carcere può nascere bellezza, che i ragazzi detenuti sono uguali ad altri, hanno fatto delle scelte sbagliate che io non voglio giudicare, voglio sapere se possono avere un’altra possibilità, e secondo me l’arte e la bellezza sono gli unici elementi che ancora possono salvare. Ho cercato di fare un film che avrei voluto vedere in sala, io faccio teatro per il pubblico, e la stessa cosa voglio fare per il cinema.
28/08/2025, 15:30
Caterina Sabato