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Note di regia di "Purche' Finisca Bene - Questione di Stoffa"


Note di regia di
Le nostre vite sono come stoffe preziose. A volte si creano delle pieghe ma, con abilità e pazienza, è possibile sbrogliare, ricamare, tagliare qualcosa di nuovo e sorprendente, perché le stoffe, proprio come le nostre vite e i legami affettivi che le orientano, hanno bisogno di cura e attenzione per risplendere. Così parla il protagonista della nostra storia al termine del suo percorso di crescita, facendo emergere l’idea che è alla base del racconto; il sapersi trasformare, arricchendosi, attraverso l’incontro con l’altro. “Questione di stoffa” è una favola moderna, una sorta di Romeo e Giulietta in salsa curry, in cui l’amore tra il veneto Matteo e l’indiana Rani, sboccia inatteso nel bel mezzo della guerra tra le due famiglie d’origine. Da una parte i Mampresol, sarti da tre generazioni - dall’altra i Khumar - i cui antenati hanno vestito niente meno che Gandhi - impegnati a contendersi la realizzazione di una sfilata di moda. Chiaro che in gioco non c’è solo il lavoro ma molto di più; il prestigio delle due sartorie. Più le scorrettezze si susseguono, più i due giovani si avvicinano, scoprendosi simili e trovando la forza di liberarsi dai condizionamenti a loro imposti. Nello scambio di colpi, le due famiglie si ritroveranno sconfitte. A vincere non sarà la strategia di Orlando che invia suo figlio a dare lezioni di veneto alla ragazza con lo scopo di sabotare la sartoria indiana e isolarla dalla comunità, come pure inutili risulteranno gli antichi rimedi fatti di limone e peperoncino per “tenere lontane le energie negative” di Ramesh. A vincere, come in tutte le fiabe nel cui DNA si annida il potere magico del e...vissero felici e contenti, sarà l’unione. A suggerire i toni favolistici del racconto, oltre al carattere dei personaggi sono anche i costumi e l’ambientazione: i canali di Treviso con i mille riflessi pastello e le architetture Palladiane di Vicenza, Villa Valmarana e i dipinti del Tiepolo, la meraviglia scenografica del teatro Olimpico, che impreziosiscono il film donandogli una prospettiva nuova e inconsueta. Il lavoro sui costumi attinge a tanta bellezza collocando le figure in uno spazio moderno e sospeso al tempo stesso. Parlando di “monumenti” ne vorrei citare uno vivente, almeno per la mia generazione: Kabir Bedi, a cui va il mio ringraziamento per la fiducia accordatami e per i consigli sulla cultura indiana. Grazie per la simpatia e l’autoironia, per aver messo un po' di Sandokan nella partita di golf! Nel doppio registro (sentimentale, commedia) spicca l’interpretazione di Pierpaolo Spollon, delicato nel tratteggiare un eroe romantico, timido ma pieno di fascino e simpatia. Pierpaolo non è stato solo un fantastico protagonista ma anche un meraviglioso compagno di viaggio, sensibile al lavoro e ai rapporti tra i colleghi e i componenti della troupe. Un vero sarto delle relazioni, sia davanti che dietro l’obiettivo della macchina da presa. Tra le scene a cui sono più legato c’è il duetto “nonsense” tra Orlando (Nicola Pannelli) e la stilista Ravagnin (la brava Clotilde Sabotino) che segna un cambio di registro che, come un ricamo inatteso, rende unica la scena e l’esperienza di questo film. Pannelli ha peraltro il merito di aver tratteggiato un personaggio negativo ma non antipatico, goffo, persino ingenuo di fronte all’impresa titanica di salvare l’onore della sartoria dagli sguardi e dai commenti dei suoi concittadini. Da ultimo un ringraziamento a Pepito e Rai Fiction per avermi affidato questo film e per aver reso concreto il mio desiderio di ambientare le scene del bar che aprono il film a Treviso, nel luogo che fu il set di “Signore e signori” di Pietro Germi. Non voleva essere un omaggio ad un capolavoro della cinematografia, piuttosto un voler respirare “quell’aria” dando la possibilità ai personaggi di immergersi in un’atmosfera unica.

Alessandro Angelini

02/10/2024, 09:32