!Xš‚‰

TORINO FILM FESTIVAL 38 - "Film", il mostro
capitalistico ha cambiato pelle


L'opera sperimentale di Fabrizio Bellomo unisce la videoarte alla ricerca sul nuovo mondo del lavoro.


TORINO FILM FESTIVAL 38 -
Abbi cura della macchina su cui lavori. E' il tuo pane! Un vecchio e polveroso cartello proveniente dal passato, contenente il monito per una classe operaia in catena di montaggio, acquisisce nuovo senso e significato attraverso una rielaborazione digitale e di pensiero. Se ieri dovevi prestare attenzione al macchinario, oggi è del Mac che devi preoccuparti. Perchè la fabbrica, si, è mutata, facendosi "diffusa", ma il controllo capitalistico sul nostro lavoro ha solo cambiato pelle.

Da anni Fabrizio Bellomo utilizza la videoarte e l'arte urbana per portare avanti una personale ricerca sull'uomo e sul suo rapporto con la società che lo circonda, andando ad indagarne le mutazioni sociologiche all'interno di contesti familiari e urbani. In questa direzione va "Film", in concorso in Italiana.Doc della 38a edizione del Torino Film Festival, un'opera che frulla appunti di viaggi e progetti passati a materiali audio, fotografici e video provenienti da archivi personali o dal world wide web, finendo per realizzare un magnetico e cinico film-saggio sul tema del lavoro.

Attraverso cinque capitoli, Bellomo sposta il suo sguardo dallo scheletro putrefatto di una vecchia acciaieria, oggi teatro di concerti e rave party, alle sessioni no-stop di novelli "amanuensi" digitali, passando per il mercato all'aperto di uomini e dei loro strumenti nel centro di Tirana, fino alle interviste per la tv di Kragujevac, cittadina della Serbia che oggi ospita un centro di produzione Fiat.

Il capitalismo si è rifatto il trucco, e a suon di "work hard, have fun" tiene in pugno il suo "capitale umano", che ai tempi in cui si chiamava ancora "operaio" aveva voglia e forza di incazzarsi, e che oggi risulta più che mai annichilito da un mostro, che assume le sembianze dell'indispensabile mezzo del nostro stesso lavoro, sia esso un computer, un cellulare, una bicicletta o un martello pneumatico.

Lunghe sequenze di lenta e profonda osservazione umana vanno a mescolarsi ad immagini-simbolo e a clip di personaggi come Bene, Volontè e Celentano, in un film linguisticamente anarchico, che riflette sui lati oscuri del nuovo mondo del lavoro, con una potenza degna del miglior cinema distopico. Ma questa è tutta realtà.

24/11/2020, 09:04

Antonio Capellupo