VENEZIA 71 - "I Nostri Ragazzi" alle Giornate
Questioni morali e capovolgimento di ruoli, sono questi i cardini su cui si regge "
I nostri ragazzi" di
Ivano De Matteo, presentato al Lido nella sezione autonoma e parallela delle
Giornate degli autori. Così come ne "
Gli equilibristi", opera precedente del regista peraltro lanciata sempre alla Mostra, il regista torna a raccontare le famiglie borghesi di oggi e quello che accade al loro interno quando alcune certezze vengono meno.
Ne "
I nostri ragazzi", liberamente ispirato a
La cena il romanzo di
Herman Koch, ci vengono presentate due famiglie legate tra loro: da una parte il chirurgo pediatrico
Luigi Lo Cascio e l’esperta di storia dell’arte
Giovanna Mezzogiorno con l’unico figlio, l’introverso sedicenne
Jacopo Olmo Antinori (già scelto da Bertolucci per Io e te); dall’altra
Alessandro Gassmann, rampante avvocato penalista fratello di Lo Cascio, ex vedovo sposato in seconde nozze con la bella
Barbora Bobulova che l’ha prima aiutato a crescere l’irrequieta adolescente
Rosabell Laurenti Sellers e ora è da poco diventata la madre della piccola Maria.
I due nuclei si incontrano una volta al mese per cenare insieme sempre nello stesso ristorante: non c’è vera unione né reale piacere nello stare assieme. La loro cena si potrebbe definire solo una convenzione sociale. Dall’altro canto, invece, i loro figli si frequentano assiduamente e con complicità, quasi fossero più fratello e sorella che cugini. A sparigliare le carte è un violento episodio che accade una sera all’uscita di una festa tra liceali. I colpevoli sembrano essere i cugini: il modo in cui affronteranno le possibili conseguenze e quello in cui i rispettivi genitori decideranno il da farsi è destinato a cambiare le vite di tutti per sempre.
Pellicola di grande interesse e valore per il modo in cui porta all’attenzione temi attuali, tra i tanti la perdita dei valori, l’incapacità di relazionarsi ai figli, ma anche di mettersi in discussione come genitori, senza mai cadere nelle banalità, "
I nostri ragazzi" è un film destinato a far discutere, a creare dibattito: abilità non da poco cui
De Matteo ci ha abituati. Peccato solo che per la voglia di mostrare quanto l’animo umano possa essere facilmente mutevole, arrivando con poco a tacitare la coscienza (quando c’è), il regista rimanga vittima di alcune sequenze facili, che poco c’entrano con il suo stile contenuto, sobrio, forte.
Valentina Neri03/09/2014, 09:39