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SPECIALE MAFIA - Le stragi del 92 nel ricordo di Ernesto Oliva


Giornalista Rai, palermitano, fu tra i primi a raggiungere con la sua troupe il luogo della strage di Capaci. Raccontò le stragi di mafia dei primi anni 90 e fu co-autore del primo libro sul più ricercato dei latitanti "L'Altra Mafia. Biografia di Bernardo Provenzano". Oliva nel 2006 ha pubblicato il volume "Bernardo Provenzano. Il Ragioniere di Cosa Nostra" scritto insieme a Salvo Palazzolo. Il suo articolo per CinemaItaliano.info a 20 anni da quella stagione di sangue


SPECIALE MAFIA - Le stragi del 92 nel ricordo di Ernesto Oliva
Servirebbe forse un film come "Salvatore Giuliano" di Francesco Rosi - il capofila dei lavori cinematografici dedicati all'ambiguo rapporto fra Stato e mafia - per provare a raccontare la storia di Paolo Borsellino. Tanto asciutta e condotta col piglio dell'inchiesta fu quella pellicola di 50 anni fa, tanto necessaria è infatti l'esigenza di ricostruire i fatti del 1992 con lo stesso preciso approccio documentario di Rosi.

Negli ultimi mesi, la prospettiva di un avvicinamento giudiziario alla verità sul contesto in cui maturò la strage di via D'Amelio ha provocato più tensioni che unità di intenti fra diverse componenti delle istituzioni; il segnale non ci sembra promettente per il raggiungimento della chiarezza su movente ed ispiratori della morte di Paolo Borsellino.

Ricordo che lo stesso magistrato, nel corso del suo ultimo intervento pubblico a Palermo - la sera del 25 giugno 1992, all'interno del cortile della Biblioteca Comunale, a poco più di un mese dalla strage di Capaci - chiese verità sull'eccidio di Giovanni Falcone. Quella richiesta - pronunciata con parole cariche di sofferenza, e per la morte dell'amico, e per la consapevolezza che Borsellino aveva dell'imminenza della propria uccisione - rimane tuttora non soddisfatta. Le stragi siciliane del 1992 continuano ad essere solo eccidi di mafia, anche se le Procure di Caltanissetta e Palermo hanno posto una luce dietro il paravento che oggi tratteggia altre e più elevate responsabilità in quella stagione di devastante violenza.

Un Paese che ha paura o reticenza a scoprire le verità della propria storia passata è un Paese che non ha un futuro di civiltà: a vent'anni dal tritolo di via D'Amelio, sembra essere questa l'amara eredità lasciata agli italiani dai responsabili della morte di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

Ernesto Oliva

19/07/2012, 09:00