E’ stato presentato giovedì a Roma il nuovo film di
Federico Moccia, “
Scusa Ma Ti Voglio Sposare”, il seguito del campione d'incassi “
Scusa Ma Ti Chiamo Amore”, entrambi tratti dai romanzi omonimi.
Il nuovo lavoro dello scrittore e regista romano è un lungometraggio più corale rispetto al primo capitolo; qui infatti mette al centro della narrazione non solo la storia di Niki ed Alex ma anche quella degli amici e parenti che gravitano attorno alle loro scelte di vita. Sebbene il film si snodi tra situazioni piuttosto prevedibili e già viste, “
Scusa Ma Ti Voglio Sposare” riesce a divertire con ironia ed ispirazione e compone un quadro delle vicissititudini sentimentali dei giorni nostri che, per quanto già ovviamente narrato sul grande schermo, non manca di inquietare.
Raoul Bova e
Michela Quattrociocche non sfigurano, la giovane attrice appare anzi cresciuta, lavora bene sulla sua spontaneità anti teatrale e sembra pronta per un ruolo più profondo e maturo. Certo alcuni personaggi del film sono poco sfruttati, altri non abbastanza approfonditi; all’operazione in generale manca un taglio personale ed innovativo che avrebbe fatto progredire il film e magari rischiato di chiamare un pubblico diverso e meno sbarazzino.
Federico Moccia preferisce andare sul sicuro (la scena della proposta di matrimonio sulla Senna a Parigi o quella del pre finale sono davvero eccessivamente riconoscibili del suo programmatico modo di esprimersi), ma non per questo dovrebbe essere il caso di continuare ad attaccare più o meno con gratuità un fertile ed intelligente scrittore come lui che in fondo non fa niente di peggio rispetto al "cinepanettone" di Natale di
Neri Parenti; nei confronti dell’operazione appena citata anzi
Federico Moccia riesce a rimanere coerente a sé stesso senza cadere nella volgarità, pregio non scontato che è sempre comunque rimasto un marchio di fabbrica della sua arte.
“
Con Scusa Ma Ti Voglio Sposare in modo particolare ho voluto raccontare, con la chiave della commedia, i normali fatti della vita vera, come ad esempio la paura del vivere che insorge ancora prima della maturità e spesso non manca di tornare anche nei quarantenni”, ha precisato il regista durante la conferenza stampa. “
In più della letteratura il cinema possiede la capacità intrinseca di essere sufficientemente puro per raccontare più direttamente un sogno. Poi certo volevo narrare di come viene vissuta nella società una convenzione sociale come il matrimonio; volevo raccontare quest’ultimo come una festa che si vive nel modo giusto solo se ci si arriva con una maturata coscienza di sè. A questo proposito le scene del corso pre matrimoniale, per quanto divertenti ed un po’ surreali, non le trovo particolarmente lontane dalla realtà. Mi piace molto l’attesa finale che ho reso nel film, la trovo una bella forma di progressione personale che i personaggi interpretati da Raoul e Michela hanno raggiunto”.
16/02/2010, 14:03
Giovanni Galletta