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Luca Vullo: "La Sicilia è stata la mia musa ispiratrice"


Abbiamo intervistato il regista Luca Vullo, autore del pluripremiato (15 partecipazioni e 7 premi vinti a festival cinematografici) documentario "Dallo Zolfo al Carbone" (2008) e di svariate opere sulla Sicilia come "Cumu Veni si Cunta", "Un Caruso Senza Nome" "Caltanissetta Oro di Sicilia" e "Picciriddi".


Luca Vullo:
Ci può parlere della sua carriera? Come nasce Luca Vullo come documentarista? Come si è avvicinato a questo tipo di "cinema"?
Luca Vullo: Ho studiato cinema al DAMS di Bologna e in quella città ho cominciato a frequentare laboratori pratici di cinema dove ho fatto esperienza come: autore, sceneggiatore, attore, regista, operatore, direttore della fotografia, montatore, assistente alla regia, aiuto regia. Ho collaborato in diversi set cinematografici e televisivi bolognesi con ruoli sempre diversi: dalla comparsa, al microfonista per assorbire il più possibile l'esperienza dei professionisti di settore.
Il movimento cinematografico che più ha segnato la mia formazione è sicuramente il neorealismo italiano. Il documentarista che m'incantò con la sua poesia fu Vittorio De Seta. Poi improvvisamente sentii l'esigenza di raccontare qualcosa di mio, una storia che mi venisse dal cuore e dallo stomaco: fu così che nacque il mio primo documentario "Cume Veni Si Cunta" sulla poesia umana dell'arte di arrangiarsi in Sicilia. Il grande successo di pubblico in Italia e all'estero (USA, Canada, Australia, Belgio e Argentina) mi diede la spinta a continuare su questa strada.

Nelle sue opere c'è molta Sicilia, la sua regione nativa. Cosa cerca di privilegiare nel racconto della sua terra?
Luca Vullo: Di sicuro, finora la Sicilia è stata la mia musa ispiratrice. In realtà sono di madre calabrese, quindi credo che non sia un "patriottismo maniacale". Cerco solo di raccontare una realtà poliedrica e contraddittoria, tanto amata e odiata allo stesso tempo dal suo popolo e che ha affascinato molti artisti di tutto il mondo. Un luogo meraviglioso e orribile allo stesso tempo, un luogo straordinario per un artista che vuole leggere da prospettive diverse il mondo in cui vive. Sento un energia incredibile in questa terra. Il popolo siciliano ha sempre sofferto e continua a soffrire, tra invasioni, mafia e sfruttamenti. ed io sono figlio di questa terra e voglio dire la mia.

"Dallo Zolfo al Carbone", la sua ultima opera pluripremiata, racconta storie di emigrati italiani in Belgio. Considera questa vicenda uno specchio dell'attuale situazione italiana sull'immigrazione nel nostro paese?
Luca Vullo: Penso che per capire bene i fenomeni sull'attuale immigrazione nel nostro paese, possa essere molto utile vedere quello che hanno subito i nostri connazionali qualche annetto fà. Ci sono chiaramente molte analogie ma anche delle differenze tra queste due immigrazioni. Di fondo comunque c'è sempre un Patto Governativo tra il nostro paese e un altro (prima il Belgio poi la Libia) che se ne frega del suo popolo e pensa agl' interessi economici e di potere del Governo. La storia purtroppo si ripete ciclicamente e sempre in modo peggiore. Mi sembra un buon documentario storico che permette di ragionare sul contemporaneo avvicinando empaticamente lo spettatore ai protagonisti dell'attuale fenomeno migratorio.

Nei racconti degli emigrati in Belgio ricorre molto il tema del razzismo...
Luca Vullo: Assolutamente si. Purtroppo il razzismo è sempre esistito nella storia e anche i nostri connazionali ne sono stati vittime in belgio e in altri paesi del mondo. quello che sta succedendo in Italia attualmente si commenta da solo...

Nel documentario si parla del Patto Italo-Belga. Come mai ha tratto questo tema nel suo lavoro?
Luca Vullo: Nei libri di storia non si è mai parlato di questo importante momento storico. Alla fine della Seconda Guerra Mondiale il Governo Italiano aveva il grave onere di ridare valore all'immagine di una Nazione sconfitta nel complesso quadro politico europeo, e su cui gravava il peso di una situazione economica disastrosa. L'iniziativa del Patto Italo-Belga, assunta dal primo Presidente della Repubblica Italiana, Luigi Einaudi, fu allora ritenuta di notevole vantaggio e prestigio, in quanto, da un lato forniva a molti italiani la certezza di un lavoro e dall'altro garantiva al Paese una fonte energetica sicura per l'avvio di un processo industriale che riuscisse a sollevare l'economia nazionale. Questo comportò lo spopolamento quasi totale di interi paesi della provincia di Caltanissetta, Enna e Agrigento.
Fenomeno palesemente visibile anche oggi. Sentivo il bisogno di fare questa ricerca per capire a monte il perchè migliaia di minatori e contadini siciliani emigrarono diretti alle miniere di carbone del Belgio.Quali sono stati i motivi che spinsero migliaia di giovani siciliani alla schiavitù la mancanza di lavoro, problema dell'emigrazione, sfruttamento, assenza di sicurezza sul lavoro, l'integrazione e perdita d'identità? Ecco per quale esigenza ho raccontato questa grave storia.

Zolfo e carbone hanno segnato le vite dei protagonisti del suo documentario. Che differenze ha trovato tra le "pirrere" siciliane e le miniere del belgio?
Luca Vullo: Poche. L'unica differenza positiva che ho riscontrato è che in Belgio i minatori venivano pagati tutte le settimane mentre in Sicilia poteva succedere benissimo di restare senza stipendio per 2/3 mesi.
Un' altra differenza importante è che in Belgio non c'era lo sfruttamento minorile che invece in Sicilia era diffusissimo, sia dal punto di vista lavorativo che da quello sessuale. Gli abusi di potere in Sicilia erano molto più diffusi.
Per quanto riguarda le condizioni di lavoro, in entrambe le miniere la situazione era terrificante, inumana e senza un minimo di sicurezza garantita per i minatori.
Alla fine si può dire metaforicamente, che il governo li ha manovrati facendoli strisciare sottoterra dal giallo dello zolfo al nero del carbone.

La lavorazione della scultura in zolfo "Ciarla Scopre la Luna" di Leonardo Cumbo e del dipinto "Dallo Zolfo al Carbone" di Francesco Galletti scandiscono temporaneamente la narrazione del documentario e sono mostrate per intero solo nel finale. Come mai questa scelta "stilistica"? Cosa ha voluto rappresentare?
Luca Vullo: L'idea era quella di armonizzare poeticamente i vari capitoli cercando di non sovraccaricare troppo il documentario che già affronta tematiche pesanti. Quindi ho pensato di coinvolgere altri tre artisti: un pittore, uno scultore e un musicista che come me sono cresciuti in questa terra. Ognuno di loro ha creato un opera che toccasse la tematica affrontata nel documentario con il loro linguaggio artistico e la loro personale sensibilità. La costruzione del documentario poteva essere in questo modo accompagnata armonicamente dalla costruzione del quadro, della scultura e della colonna sonora. Spero di avere raggiunto il mio obiettivo.

Come considera l'attuale panorama cinematografico italiano?
Luca Vullo: Credo che in Italia ci siano delle belle teste e anche dei bravi autori. Quello che realmente manca è l'aspetto produttivo e distributivo per i giovani registi che vorrebbe realizzare le proprie idee. Questo porta a produrre pochi film di qualità che circolano nelle sale e nei festival. Basta vedere che in festival europei e mondiali arrivano poche opere italiane o addirittura neanche una(penso a Berlino). Ovviamente tutto ciò dipende anche dagli spettatori che abituati alla nostra TV spazzatura preferiscono vedere sempre film voyeuristici che parlano di intrighi amorosi, tradimenti e poco altro. Oppure bisogna solamente divertirsi spensieratamente per non pensare a nulla. Io voglio raccontare storie che pirma di tutto emozionano e che stuzzichino anche l'intelletto. Finora ho sempre fatto film autoprodotti, spero di trovare a breve un produttore per i miei nuovi lavori.

01/03/2009, 18:35

Simone Pinchiorri