Festival del Cinema Città di Spello e dei Borghi Umbri
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Note di regia del film "La Persona di Leo N."


Alberto Vendemmiati descrive il suo documentario sul transgender Nicole De Leo.


Note di regia del film
Una scena del film "La Persona di Leo N."
Mi sono subito reso conto che non sarei mai stato in grado di raccontare perché esistono delle persone transessuali, o che cosa vuol dire. Così come nei miei lavori di guerra non ho mai pensato di poter veramente capire e spiegare perché in un paese come l’Afghanistan c’era una guerra da venticinque anni, che poi oggi sono diventati trenta. Ci sono sempre delle ragioni, tantissime, spesso contraddittorie, e per capirle bisogna inevitabilmente scegliere un punto di vista, che spesso sfuoca gli esseri umani. Invece mi interessano le persone e i loro conflitti, che sono poi le loro storie, le loro vite.
Quindi il mio sforzo è sempre quello di adottare un punto di vista il più possibile vicino a quello del personaggio che vorrei conoscere e raccontare. E dico personaggio proprio perché questo è quello che accade nel cinema di finzione. Per il documentario invece ci vuole tempo, tanto tempo. E’ il suo fascino. E quando qualcuno non coinvolto in un racconto mi spiega qualcosa, non mi convince, soprattutto se quel qualcosa è una grande sofferenza.
Se il documentario è un genere, in questo senso credo allora di aver fatto un documentario che è transgender lui stesso. Tra il documentario e la finzione appunto. Per come ho cercato di raccontare la storia da una prospettiva interna al racconto stesso, per la struttura in flashback, forse anche per lo stile, insomma per tutte le scelte che ho fatto. Anche quella di girare per quattro anni da solo. Sarebbe stato impossibile o diverso avere una troupe. Nicole sarebbe stata diversa, io sarei stato diverso, e quindi anche il racconto.
Dunque più che di regia, che implica un concetto di direzione di qualcosa, parlerei forse di identificazione. Un tentativo di identificazione con Nicole impegnata nella realizzazione della sua identità. Sembra un gioco di parole, ma credo che questo sia il senso ultimo del film. Realismo, finzione, il carnevale e le maschere, il teatro e i suoi travestimenti, il tribunale e le perizie, la cosmetica, infine la stessa operazione che chirurgicamente rettifica un’anatomia per adeguarsi ad un’identità. Privilegiando le emozioni, perché è anche una storia d’amore infondo. Un’amore invocato fin dall’inizio, e negato finanche dalla propria madre. Un’amore che non può esistere senza una condivisione, senza il riconoscimento di quella identità.
L’identità appunto. Un gioco di specchi che vorrei rivelasse al centro delle sue labirintiche riflessioni una persona. Come tutte le altre. Come tutti noi.

Alberto Vendemmiati


Short Trailer "La Persona di Leo N."