Sinossi *: Mundus Patet, “il mondo è aperto”, come si diceva nell’antica Roma quando una fossa circolare, posta al centro della città, veniva aperta per mettere in comunicazione il mondo dei vivi con quello dei morti. Walter Benjamin nei suoi Passages parigini scriveva che “nella vita moderna i cosiddetti riti di passaggio, le cerimonie connesse alla morte, alla nascita, al matrimonio, al diventare adulti etc, sono divenuti sempre più irriconoscibili e impercettibili, che siamo diventati poveri di esperienze della soglia e l’addormentarsi forse è l’unica che c’è rimasta.”
Con queste suggestioni nel cuore e nella mente, mi sono soffermata a guardare le porte di Roma che prima distrattamente attraversavo. E mi sono ricordata di alcune sensazioni provate in prossimità di esse. In particolare di una domanda: sarò sempre la stessa dopo averle oltrepassate? Ma ci sono delle porte che mi pongono interrogativi e desideri più delle altre. Davanti agli ingressi delle case dove hanno abitato amici e parenti, ma anche scrittori e artisti che non ci sono più, sento una vertigine dolorosa e l’irresistibile tentazione di suonare i loro campanelli, di varcare quella soglia. La porta chiusa mi fa immaginare che oltre quel limite oggi a me precluso tutto sia ancora possibile.
L’opera si compone di due video monocanale. Il primo è un breve racconto su Roma osservata attraverso le sue porte, con fotografie, suoni e materiali d’archivio. Il secondo è una raccolta di immagini che illustrano il processo creativo e i risultati di questa personale ricerca.