Sinossi *:
Qualche placida nota suonata al pianoforte, le simmetrie ordinate di un'elegante casa di campagna, il frinire delle cicale sotto il sole estivo, un pianoforte a coda in primo piano e la voce piena di Charlemagne Palestine, arrivato in Toscana in occasione di una performance organizzata da Terraforma. Esiste un'etica del ritratto d'artista? Quali sono i segreti per salvaguardare quella fantomatica affinità che dicono dovrebbe crearsi (ma davvero dovrebbe? E ogni quanto si crea?) tra colui che osserva e colui che è oggetto di osservazione, tra i due poli speculari dietro e davanti all'obiettivo? E come reagire se, inaspettatamente, il nostro personaggio si sottrae alla narrazione che vogliamo farne, al ritratto che pensavamo di stare tessendo insieme a lui? Il fallimento dell'itinerario che avevamo tracciato deve per forza coincidere con il fallimento del progetto, tout court? Lo studio di Charlemagne Palestine si trasforma quindi in una sfida tra intervistato e intervistatore, un improvviso western a colpi di parole e note in crescendo, a colpi di zoom e primi piani sempre più sfacciati e claustrofobici, nella torrida tensione di un pomeriggio di un giorno da cani.

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