Note di regia di "Primavera" di Damiano Michieletto
Nell’affrontare "
Primavera", il mio primo film di finzione, mi è risultato subito evidente come il mio mondo espressivo non possa prescindere dalla musica, della cui capacità narrativa e emozionale si è nutrito per vent’anni il mio lavoro nella regia d’opera. In questo senso "
Stabat Mater", il romanzo di Tiziano Scarpa, da cui è liberamente tratto questo film, racchiudeva in sé molti temi a me cari, due su tutti: la musica intesa come forza generatrice e sovvertitrice dell’esistenza, dall’altro Venezia, la mia città d’adozione, la cui storia singolarissima è cardine del racconto e espressione emozionale dei protagonisti. Primavera racconta dell’incontro e del risveglio di due anime dopo un lungo inverno: quella della giovane e talentuosa violinista Cecilia, orfana in cerca di una propria identità, e quella di Antonio Vivaldi, un uomo travolto dal proprio furore creativo ma anche infragilito dal bisogno costante di veder riconosciuto il proprio talento. Cecilia vive da sempre alla Pietà, un’istituzione che a Venezia accoglieva e istruiva orfani e orfane. È un’adolescente che non sa nulla del proprio passato, non sa chi l’abbia messa al mondo ma nutre la speranza che un giorno questa donna, a cui scrive lettere struggenti, possa presentarsi a reclamarla. È questo un dolore che la lacera nel profondo e che sembra impedirle di vedere il futuro. Ma dentro Cecilia e le sue giovani compagne, si nascondono passioni e desideri pronti ad esplodere, insieme alla bruciante curiosità per un mondo ignoto, solo intuito dietro le grate della chiesa in cui si esibiscono per i patrizi veneziani. Quando entra alla Pietà, come maestro di violino e di concerti, Antonio Vivaldi è un uomo solo, provato da una malattia che ne ha limitato l’esistenza fin dall’infanzia ma è soprattutto un musicista in cerca di affermazione. Coltiva dentro di sé una fantasia furiosa, un’immaginazione travolgente che si traduce in una musica emotiva, mai sentita prima, una musica inquieta e malinconica, forsennata e ardente. I colori di Vivaldi invadono, ben presto, le musiciste della Pietà e rivelano il talento straordinario di Cecilia. La liberano dal dolore di un passato che non conoscerà mai proiettandola verso un orizzonte che va oltre la musica, oltre il suo violino. La musica crea, dà forma all’immaginazione, concede fama - questo è ciò che Vivaldi insegue - ma a Cecilia non basterà. Non le basterà immaginare il mondo attraverso la musica. Lei sceglie di cercare la libertà oltre le mura che la separano dal mondo.
Damiano Michieletto