FESTA DEL CINEMA DI ROMA 20 - "Il Principe della Follia": il
dramma della disabilità in un mondo che rifiuta il diverso
Una ex-ballerina dell’opera, ormai anziana, madre dilaniata dal dolore (
Carla Chiarelli); un anziano padre inetto e rassegnato, malinconico ex clown (
Alessandro Haber); una trans che vive ai margini e si esibisce con numeri di lap dance in sordidi locali notturni (
Mauro Cardinali); un uomo disabile fin dalla nascita (
Stefano Zazzera), ormai praticamente diventato pazzo, che vive chiuso in casa, circondato da un carosello di ricordi, una cameretta ancora piena di giochi da bambini, una telecamera per fare improbabili dirette tv.
E’ questo il tragico ritratto di una famiglia completamente trasfigurata dalla tragedia della disabilità, che ha colpito uno dei suoi componenti, raccontato nel film "
Il Principe della Follia" di
Dario D’Ambrosi. A fare da collegamento con il mondo esterno è la figura di un tassista (
Andrea Roncato), che viene in contatto con la trans, durante un turno di lavoro notturno. Mettendosi sulle sue tracce, il tassista verrà a conoscenza del dramma familiare in atto e si ricorderà di aver conosciuto il disabile quando era piccolo, proprio nella sua Jesi, cittadina delle Marche cha ha ospitato il set.
Appare in modo evidente come il film "
Il Principe della Follia" nasca dall’esperienza e dalla lunga ricerca sul campo del regista
Dario D’Ambrosi nel mondo della disabilità fisica e mentale, sfociata tra l’altro nell’esperienza del suo “Teatro Patologico”.
Il film dimostra quanto possa essere devastante, per una famiglia, l’esperienza della nascita di un bambino disabile, in una società che guarda con distacco, pietà, disgusto chi ne è portatore, oppure che non guarda affatto, voltando lo sguardo da un’altra parte. E’ quindi un’opera che riscatta tutte le persone che convivono con un handicap, fisico e mentale, rivendicando, per loro, il diritto ad avere una vita felice, in famiglia come nella società.
Il film nasce dall’incontro tra il regista D’Ambrosi e l’attore non professionista
Stefano Zazzeri, realmente affetto dal morbo di Parkinson dall'età di quarant’anni, che interpreta il personaggio più fragile e folle del film con particolare autenticità. Nel film appare tutta la passione e le prospettive comunicative forti, che sia del regista che il suo protagonista mettono in campo: è un film pertanto che non segue schemi e tecniche cinematografiche consolidate. Al contrario, è un film che azzarda molto, sia dal punto di vista della regia che della recitazione. Ma le sbavature tecniche sono ampiamente superate dal messaggio che il film vuole dare, dalla fondamentale valenza sociale che l’opera riveste nel percorso di inclusione delle persone disabili.
22/10/2025, 12:58
Elisabetta Vagaggini