Note di regia di "C'è un Posto nel Mondo"
L’Italia è un “Paese di paesi”. E la provincia, come scriveva Luciano Bianciardi, “è un campo d’osservazione di prim’ordine. I fenomeni (…) qui li hai sottomano, compatti, vicini, esatti, reali”. Da questa convinzione – e a partire da un documentario sulle aspirazioni dei giovani che vivono nei piccoli centri dell’Amiata – io e Alessio Brizzi (co-sceneggiatore) abbiamo costruito tre storie che parlano di paesi, ma in realtà raccontano qualcosa di più universale: lo spaesamento. Quella condizione interiore che appartiene a chiunque si domandi con urgenza quale sia davvero il proprio posto nel mondo, la comunità a cui appartenere, il tipo di vita in cui riconoscersi. Tre episodi che affrontano, rispettivamente, le decisioni di partire, restare e tornare, ma che condividono un nucleo comune: l’idea che ci si sente a casa non tanto in un luogo, quanto nelle relazioni significative che vi costruiamo e che portiamo con noi anche altrove. I personaggi cercano un posto fisico che, in realtà, è soprattutto uno specchio interiore, un luogo dell’anima.
E, seppur ambivalenti verso le proprie origini, sanno di avere con esse un legame che non si può recidere. Pur con un budget essenziale, il film ha potuto contare sulla ricchezza più preziosa: attori di grande spessore e perfetta aderenza ai ruoli. Tra loro Cristiana Dell’Anna, Daniele Parisi, Luigi Fedele, Paolo Sassanelli, Fabrizia Sacchi, Cecilia Dazzi, Alessia Barela, Massimo Salvianti; e un gruppo di giovani interpreti di straordinario talento come Alessandra Arcangeli, Valentina Martone, Gaja Masciale, Iacopo Olmo Antinori. Lo stile cinematografico punta a costruire per immagini una “narrativa della vita”. Ho scelto di lasciare ampio spazio alla recitazione e ai movimenti degli attori, accompagnati da una macchina da presa “senziente”, spesso a mano o su supporti mobili. La fotografia, realistica e senza artifici, privilegia l’uso della luce naturale e valorizza ambienti straordinari come il Palazzo Nerucci, il Castello Aldobrandesco e il Palazzo Cesarini Sforza, messi generosamente a disposizione da enti pubblici e privati della zona amiatina.
Il film, di tono prevalentemente drammatico, rivendica con orgoglio la sua natura
indipendente: scritto e diretto con grande libertà creativa, si inserisce nel solco di
una tradizione – non solo italiana – di opere composte da parti autonome legate da
un tema comune. Un percorso che si ispira, tra gli altri, a capolavori come Nove vite
da donna di Rodrigo García e Il male non esiste di Mohammad Rasoulof.
Francesco Falaschi