ALICE NELLA CITTA' - "Io che non Vivo": il corto
autobiografico di Cristina Puccinelli
Cristina Puccinelli dirige sé stessa e la brava
Betty Pedrazzi nel corto "
Io che non vivo", presentato nella sezione Alice nella Città della Festa del Cinema di Roma 2025.
Il corto, che mutua il titolo dalla nota canzone di
Pino Donaggio (Io che non vivo (senza te), di Pallavicini e Donaggio del 1965, diventata un successo internazionale), racconta di Viviana, quarantenne in cerca di identità, a confronto con una dura e drammatica realtà: il manifestarsi dei primi segnali di Alzheimer nella madre. Viviana è una donna inquieta, combattuta tra il teatro, l’amore, i ricordi d’infanzia, sullo sfondo di una Lucca inedita. I problemi dell’improvvisa perdita di memoria della madre arrivano così come un fulmine a ciel sereno, a complicare una vita ancora non risolta, sebbene ricca di emozioni, di chi vive ancora come un eterno Peter Pan.
C’è molto di Cristina Puccinelli nel corto: in primo luogo il suo talento di attrice, che recita, canta, balla, ama, soffre. In secondo luogo per ciò che attiene il dramma raccontato nel film, realmente presente nella sua vicenda personale.
"
Questo corto viene dalla mia esperienza personale" – ha dichiarato
Cristina Puccinelli. "
Anche mia mamma si è ammalata di Alzheimer e questa cosa mi ha cambiato la vita. Questa malattia, sempre più frequente, non lascia speranza e ci mette nella condizione di avere costantemente paura che qualcosa vada storto. Le persone malate si rendono conto a sprazzi di come sta cambiando la loro vita, quando se ne accorgono stanno male e quando invece fanno cose inconsapevolmente sbagliate sono pericolose. La memoria è tutto quello che resta a una certa età e fa malissimo vedere le persone perderla. L'idea che si dimenticheranno anche di te è straziante. La malattia è volutamente vista come un punto di svolta, di non ritorno, che induce il personaggio a cambiare. La storia è un tardo coming of age di una quarantenne che impara a prendersi cura di sua mamma e di sé stessa”.
Ecco allora che realizzare un film sul tema dell’Alzheimer, può essere un mezzo per comunicare e condividere il dramma con altre persone, per cercare, tutti insieme, una via che renda possibile la convivenza con una situazione che non ha ritorno.
Il film ha ritmo, estro, una bella qualità di immagini e suoni, a conferma della qualità del lavoro della regista - che ha già molti corti e documentari apprezzati nella sua filmografia - e testimonia inoltre la poliedricità di un’attrice che ha lavorato con alcuni dei principali autori del cinema italiano. Io che non vivo (ci si perdoni l’ossimoro) avrà vita lunga: in festival e in contesti nei quali il cinema fa da specchio alla società civile.
21/10/2025, 13:22
Elisabetta Vagaggini