ALICE NELLA CITTA' 23 - SQUALI di Daniele Barbiero
«
Gli squali devono continuare a muoversi se vogliono respirare, e anche noi». Con queste parole, Anna (
Ginevra Francesconi) incoraggia Max (
Lorenzo Zurzolo) ad accettare la proposta del manager Robert Price (
James Franco), statunitense che guida un incubatore di start-up a Roma.
L’uomo è intenzionato a sviluppare l'app che il ragazzo ha ideato per aiutare i suoi coetanei a capire cosa fare nella vita. Il giovane è combattuto fra l’amore per la ragazza, il progetto con i compagni di sempre di fare un viaggio in Spagna dopo la maturità e l'ansia di fare subito la scelta giusta. Ma qual è questa scelta? È davvero importante iniziare a correre immediatamente?
Sulle prime, Max esita — com’è anche normale a 19 anni — ma poi cede alle lusinghe del Capitale e si prende troppo sul serio. In poco tempo si immerge nella routine di un mondo di cui vede solo una faccia, accorgendosi però presto che non è tutto oro quel che luccica, anche grazie all’aiuto della fotografa Miriam (
Greta Fernández) e del programmatore Jona (
Francesco Gheghi), il quale si licenzia dopo un alterco con
Price, sotto gli occhi del protagonista, e avrà in seguito molte cose da raccontare.
“
Squali” è diretto dall’esordiente
Daniele Barbiero e tratto dall’omonimo romanzo di quel Giacomo Mazzariol che si era già fatto notare con “Mio fratello rincorre i dinosauri”, da cui il riuscito film del 2019 di Stefano Cipani, un’altra opera prima.
Prodotto con lo stesso Franco nel ruolo di executive, è un film semplice ma non banale, che solleva a più riprese questioni di attualità e complessità notevoli, come l’ansia da prestazione e la depressione performativa in un presente che non si ferma davanti a niente e nessuno pur di continuare a produrre ricchezza.
Non importa se il business si è spostato nella realtà digitale: le persone hanno dei bisogni, e qualcuno glieli deve pur vendere. Price – un nome, un'idea di mondo - «crede in quello che fa», afferma Jona. Ed è questo il vero problema: con i dogmi non si ragiona. Non è un caso se all’ingresso dell’EPark — una sorta di città nella città, nello stile tipico della Silicon Valley, nella quale l’americano detta legge come uno sceriffo-giudice del West — campeggiano sette comandamenti perentori come un discorso di Steve Jobs. Chi viola anche uno solo di quei principi non è degno di partecipare all’invenzione del futuro secondo la visione di Rob.
L’operazione, nell’insieme, è anche lodevole: tenta strade nuove o comunque più vicine al cinema indie d’oltreoceano, nello stile di “The Circle” (2017), tratto dal romanzo di Dave Eggers. Ma il film è spesso rallentato da trovate un po’ stantie, come lo sguardo in macchina di Max nei momenti emotivamente cruciali o la messaggistica su schermo. Soluzioni di scrittura e regia facili e non particolarmente gradevoli all’occhio, che richiamano certe storture di un cinema italiano giovanilistico di una ventina d’anni fa, quando i device fecero la loro comparsa nel nostro quotidiano. Così come risulta sbrigativo il passaggio sulla crisi dell'amico Filippo (
Francesco Centorame), aspirante musicista che non riesce a relazionarsi con le pressioni sociali.
Nel complesso, quindi, manca coesione estetica, un polso forte, una direzione sicura nella linea rappresentativa. Il tutto però si regge degnamente su un buon cast di giovani talenti e su una certa intuitività nel montaggio delle immagini “amiche”, in particolare di Anna, seppure ancora troppo oggetto del desiderio di uno sguardo maschile derealizzante. Visioni che agiscono sull’inconscio del ragazzo durante la sua permanenza romana per fargli capire che, in quella provincia profonda — in questo caso veneta — da cui sembra obbligatorio scappare per realizzarsi, lo aspetta un’alternativa.
16/10/2025, 07:30
Alessandro Amato