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HAMMAMET - Che Dio benedica Pierfrancesco Favino


Gli ultimi mesi di Bettino Craxi nella sua villa in Tunisia. I rapporti con la famiglia, gli ex amici e tante verità che sembrano non essere in grado di chiarire la situazione. Una performance enorme del protagonista, identico all'originale. Oltre a Favino nel cast Livia Rossi e Luca Filippi e poi Renato Carpentieri, Giuseppe Cederna, Claudia Gerini e l'ultima apparizione di Omero Antonutti. In sala da giovedì 9 gennaio in 450 sale con 01 Distribution


HAMMAMET - Che Dio benedica Pierfrancesco Favino
Pierfrancsco Favino in Hammamet di Gianni Amelio
Quando un attore regge su di sé l’intero peso del film. È il caso di Pierfrancesco Favino, fotocopia, e non solo, di Bettino Craxi. Non soltanto l’immagine infatti, lavoro straordinario dell’attore e del gruppo di truccatori Andrea Leanza, Federica Castelli e Massimiliano Duranti, ma anche le movenze, i gesti e soprattutto la voce sono quelle del segretario socialista, due volte Presidente del Consiglio, pluripregiudicato ed esule (o se vogliamo latitante) in Tunisia, nella sua casa di Hammamet.

Ed è proprio la perfezione del lavoro di identificazione totale di Favino che ci pone una domanda durante la visione del film: perché a tale, chiara ricerca di somiglianza fisica del protagonista voluta da Gianni Amelio, non corrisponda (malgrado il regista dichiari che non si tratti di un film su Craxi) una volontà di identificazione degli altri personaggi, lasciati tutti nell’anonimato. Gli autori decidono di narrare i personaggi secondari, a fronte del realismo assoluto del protagonista, in una specie di nebuloso “chi sarà questo?”, dove persino la figlia Stefania si ritrova con il nome cambiato in Anita come in un qualsiasi romanzo di fantasia.

Realtà storica o finzione, dunque? Per apprezzare un racconto sull’uomo e sugli ultimi suoi mesi di vita, racconto peraltro freddo e distaccato, non si può non prendere il personaggio nel suo contesto storico, familiare e di amicizie. I personaggi, inquadrabili ma mai identificabili, servono per dare un minimo di contesto alla vicenda storica, ma sono utili (e inutili allo stesso tempo) soltanto per chi già conosce i fatti e la situazione dell’epoca: dunque c’è il compagno (tesoriere?) di partito Vincenzo (Giuseppe Cederna), grillo parlante che lo avvisa della fine imminente del sistema, c’è la donna del capo (anonima) che ci mostra l’abituale relazione tra sesso e potere (Claudia Gerini), c’è il vecchio amico e avversario politico (Renato Carpentieri), anonimo, democristiano e utile per far partire una riflessione molto comune su Craxi all’epoca: perché, invece di stare in esilio ad Hammamet, non si costituisce, parla e torna a casa dopo un po’? E poi c’è la fedele moglie del Presidente, anonima anche lei, immagine di una famiglia all’apparenza “felice” anche nella disgrazia, e il figlio (anche lui anonimo ma identico all’originale Bobo) in grado di mostrare tutta la durezza di cuore di un padre votato al potere e non al sentimento. Più vicini, ma comunque inanimati, ci sono la figlia Anita (Livia Rossi) e Fausto (Luca Filippi), figlio del compagno Vincenzo morto suicida, che serve da sponda al Presidente per fargli raccontare, in una lunga video-intervista, la sua versione dei fatti, dando quel minimo di contraddittorio per non far scivolare il film in un’apologia del craxismo.

I personaggi bene o male ci sono tutti, ma non bastano per inquadrare la storia e coinvolgere lo spettatore meno informato, mentre la vaghezza generale e il poco coraggio narrativo non soddisfano chi sa bene fatti e persone.

Dopo il dieci con lode a Pierfrancesco Favino, nella pagella di "Hammamet" possiamo trovare un nove per i truccatori e una serie di insufficienze che vanno dalla timorosa sceneggiatura, al livello di recitazione media, teatrale e scolastica, tranne che per Carpentieri e Cederna; fino a una regia accademica, datata (entrare in un personaggio non significa fargli per forza un primo piano) e senza punti di riferimento, tanto che Amelio dichiara che “la narrazione ha l’andamento di un thriller” e che “guardandolo da una certa prospettiva, Hammamet ha un andamento un po’ western e un po’ noir”. Mancano il fantasy e l’erotico e ce li abbiamo messi tutti...

In realtà "Hammamet" è solo un film senza coraggio, quel coraggio che un regista come Paolo Sorrentino ha mostrato e continua a mostrare quando racconta Andreotti o Berlusconi, facendoci percepire in ogni inquadratura l’originalità e la sua necessità di affrontare quel racconto, cosa che Gianni Amelio, per Craxi, sembra solo prendere in prestito da qualcun altro.

08/01/2020, 20:14

Stefano Amadio