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Note di regia di "Riders"


Note di regia di
Il progetto nasce dall’amicizia tra cinque giovani ragazzi, ognuno col sogno di lavorare in un differente reparto dell’audiovisivo. Sin dall’inizio abbiamo condiviso il desiderio di sperimentare il linguaggio della serialità. Poiché il concetto di “precarietà” ci sembrava il più adatto a descrivere la nostra condizione, quando da regista e sceneggiatrice mi sono chiesta come raccontarla, la figura del rider è venuta da sé. Il rider è l’emblema stesso della precarietà, di quello che tutti sentivamo e volevamo descrivere. È sgargiante nelle sue divise catarifrangenti per essere più visibile, ma è in realtà invisibile. Corre ma non sa dove va e non decide lui la meta. E’ foolish e hungry come piacerebbe a Steve Jobs ma spesso non mette insieme neanche i soldi per pagarsi l’affitto. È un animale transitorio e nuovo, che sfoggia doti di adattamento da campione dell’evoluzione ma la cui sopravvivenza è tutt’altro che certa. Da queste premesse nasce RIDERS e da queste considerazioni il pay off della serie: la nascita di una nuova specie. Con questi brevi episodi ho voluto provare a dare allo spettatore, con leggerezza e senza retorica, senza giudizi, un piccolo assaggio del sapore che noi abbiamo in bocca tutti i giorni, come Matilde che sfreccia tra le auto senza usare troppo i freni, perché se rallentasse finirebbe per farsi domande troppo grandi. La storia di Matilde per questo è in qualche modo la storia di tutti noi. È questa la storia che è stato mio compito seguire in tutte le sue fasi. Come tutte le operazioni di sintesi è stata un’operazione di asciugatura, di progressiva essenzializzazione. Eravamo partiti scrivendo una storia di ampio respiro e progressivamente abbiamo dovuto rimpicciolirla, adattarla, miniaturalizzarla. Ma questo forse non è stato un male. Alla fine quello che ne è venuto fuori, più che una serie, è una sorta di pre-serie, una versione .zip di una storia più ampia che abbiamo tutta in testa e speriamo di sviluppare in futuro. Quando la costruzione del progetto si è evoluta in Bibbia, l’ho trattata in modo molto simile ad un vero e proprio pitch. Allo stesso tempo ho immaginato da subito una Roma riconoscibile ma meno iconica, più simile a quella che effettivamente uno studente fuorisede si ritrova a vivere. Sin dall’inizio, inoltre, avevo in mente di combinare, contaminandoli, stili differenti. Nelle scelte musicali, ad esempio, con musiche attuali che mischiassero le carte in tavola suggerendo quella commistione di generi di cui eravamo alla ricerca. O nel ritmo: con un montaggio frenetico, che rispettasse la bassa soglia di attenzione.

Margherita Ferrari