Quando più di dieci anni fa un pronipote di Piero Portaluppi, che porta il suo stesso nome, Piero, scoprì le cento bobine dentro una cassapanca, fu dato a me il compito di visionare tutto questo materiale. Nessuno sapeva cosa contenessero. Mi sono avvicinata non sapendo cosa avrei potuto incontrare, con il pudore che sentiamo quando ritroviamo i diari segreti di una persona e ci chiediamo se abbiamo il diritto di addentrarci nella sua vita. Nello stesso tempo siamo sedotti dall’opportunità di guardare nell’intimità di qualcuno. Guardai i fotogrammi in una vecchia moviola, annotai i luoghi, le date, i titoli che Portaluppi mi indicava nelle sue didascalie. E presto mi resi conto che quelle bobine erano state montate perché qualcuno le guardasse. Al punto che i loro contenuti potevano essere riscostruiti anche senza la presenza del cineamatore. Eccetto una, il regalo privato a un’amante, che però era lì, insieme a tutte le altre. Per tutti questi anni la sensazione delle immagini che avevo visto mi ha accompagnato. Portavo impresso un senso di piacere e di solitudine che mi avevano lasciato, l’impressione che questo materiale per immagini mi aveva restituito dell’uomo. Una vitalità vibrante, il desiderio di invenzione e costruzione, l’incapacità di esprimere i sentimenti, le regole di una classe, il distacco, l’ironia, la seduzione, il senso della morte, che trasforma il suo sguardo e lo rende contemplativo nelle pellicole a colori. Sullo sfondo l’arrivo di una nuova epoca, che porta con sé un regime. La Storia cammina implacabile accanto alle vicende dell’uomo. Un’epoca grandiosa e tragica che porta al crollo delle illusioni, collettive e personali. Quella Storia, il disastro del regime e le conseguenze nelle vite dei singoli individui, riapre oggi una riflessione pungente sul nostro presente. Un mondo che torna indietro come un groviglio di contrasti e di domande, con cui il film chiede di confrontarsi. Il film parte da queste visioni sull’uomo e sull’epoca che mi sono rimaste impresse, e dal desiderio di far emergere ciò che per anni è rimasto sommerso. Portaluppi è un personaggio potente e scomodo, pieno di luci e ombre. Di lui ci interessa mostrare il lato personale, “guardare dentro l’uomo”, rispettandone il mistero. E poi Portaluppi porta con sé l’eccellenza e la fragilità di una classe sociale che raramente è oggetto di racconto, l’alta borghesia. È l’emblema di una città, Milano, che qui si mostra fuori dagli schemi che tutti conoscono. È portatore dei valori di un paese che fa fatica a cambiare, che h una resistenza. Ed è l’artista, con i suoi misteri, che a un certo punto perde la sua creatività. Le pellicole in 16 mm e le architetture sono i materiali preziosi per questa messa in scena della memoria, dell’immaginazione, del tempo e dello spazio, con cui ripensare il presente.
Maria Mauti