"Un Nuovo Giorno" di Stefano Calvagna
La storia (vera) potrebbe anche esserci da raccontare, ma il film di
Stefano Calvagna è realizzato troppo a tirar via. Sin dalla sceneggiatura, scritta da Calvagna in una decina di giorni (e si vede...) con l\'ausilio di una voce narrante, spesso inutile, che fa risparmiare scene e dialoghi, e un grande uso di spiegazioni degli eventi da parte dei personaggi. Segno di una certa fretta e sintomo di insicurezza sulla reale riuscita dello scritto.
La storia inciampa troppo spesso, negli spostamenti, nei passaggi di tempo, nelle improbabili casualità e si dilunga nei racconti romantici fino a raggiungere la considerevole durata di un\'ora e quaranta minuti. Senza considerare che poco o nulla si vede della vita della protagonista, se non quello che c\'è in mezzo: come se volessimo raccontare la storia di Enzo Ferrari senza far vedere mai un autodromo, ma limitandoci a vederlo al ristorante raccontare la Formula Uno alla moglie.
Un nuovo giorno è anche stato girato in poco meno di tre settimane, con considerevole tecnica produttiva ma senza badare troppo all\'estetica, carente in alcune ambientazioni. Ristoranti semi vuoti, locali notturni non certo alla moda e poi appartamenti, atelier, esterni appaiono come non di primissima qualità, più \"quello che ho a disposizione\" che \"quello che mi serve\".
Sveva Cardinale si è messa a disposizione, decidendo di raccontare la sua storia, la sua decisione di cambiare sesso, e la sua vita tra emarginazione e soprusi, tra storie d\'amore fallite o a lieto fine. Una scelta coraggiosa che sembra andare a definire la sua vita sicuramente non facile ma che per essere più cinematografica avrebbe dovuto toccare tasti diversi, forse più legati al sociale o alla sfera sessuale. Vicende romantiche così generiche fanno più fotoromanzo che film di denuncia, malgrado l\'eccezionalità del personaggio.
10/03/2016, 10:20
Stefano Amadio