"Sk - Sonderkommando", il corto vincitore dei Nastri d'Argento
“Aver concepito ed organizzato il 
Sonderkommando è stato   il delitto più demoniaco del   nazionalsocialismo… Attraverso questa istituzione, si   tentava di spostare su altri e precisamente sulle vittime, il   peso della colpa, tal ché, a loro sollievo, non rimanesse   neppure la consapevolezza di essere innocenti…”. 
Nelle   pagine del saggio “ 
I sommersi e i salvati” così Primo Levi   presentava  le unità speciali di  deportati che appena arrivati    nei lager venivano selezionati dai nazisti per compiere lo   sporco lavoro di trasportare i cadaveri di altri internati dalle   camere a gas ai forni crematori. Il sonderkommando in   sostanza era una vittima che non poteva sfuggire ai   comandi della macchina di sterminio  messa all’opera dai   nazisti, eppure alla storia, spesso, è passato per un denigrato   subordinato, un complice infame degli aguzzini. 
Ma sui   sonderkommandos è ancora  Primo Levi  a non lasciare   dubbi su giudizi o sentenze: “Credo - scrive nel volume   citato sopra - che nessuno sia autorizzato a giudicarli  non   chi ha conosciuto l’esperienza  del lager, tanto meno chi   non l’ha conosciuto…”. 
Chiusa la premessa storica ora “
Sk-  Sonderkommando” (2014) è il titolo del cortometraggio con   cui il giovane cineasta lucano 
Nicola Ragone si è   aggiudicato (meritamente) il 
Nastro D’Argento 2015 come   miglior film per il formato breve. 
Un film che riapre una   ferita, fa provare intorno alla figura del “deportato-altro” un   senso di pena e smarrimento, ma il lavoro  di Ragone ha   snodi di densa filmicità e palpita di atmosfere già dalle   primissime sequenze in cui si vedono uomini e donne   ammassati  come bestie nel vagone di un treno merci  in   corsa verso il campo di sterminio.  I movimenti della    macchina da presa procedono lenti, e grazie alla magistrale   fotografia di Daniele Ciprì ( negli novanta ha fatto scuola   col bianco e nero di   Cinico tv) i dispositivi della    penombra sono rotti da improvvise lame di luce che si   riversano sul corpo e il volto provato di una madre che tiene   stretta a sé una bambina, di una donna le cui  forze vengono   meno, di uomo che sta  rammentando un mantello, di altro   uomo che  suona un’armonica e nel frattempo il suo   sguardo ha incrociato quello  di un ragazzo. 
Si intuisce tra   loro un’attrazione, ma è spezzata sul nascere. Il primo sarà   scelto  sonderkommando, il ragazzo, invece, finirà nella   camera gas. Il film di Nicola Ragone è il soffio di un   amore-diverso tranciato di netto dalla messa dell’orrore che   si sta celebrando nei lager (non dimentichiamo che gli   omosessuali vittime dell’orrore nazista sono stati stimati   intorno alle cinquantamila). Sceneggiato insieme a Silvia   Scola  con dei dialoghi scarnissimi, il corto di Ragone è un   “chant d’amour” represso che ha, però, l’effetto di   amplificare  il ricordo tragico  della pagina più buia del   novecento. 
Una pellicola di diciotto minuti di una bellezza   straniante e dolorosa che (ri)apre uno squarcio nella storia   senza imporre nulla e anche senza nulla occultare. Sarebbe   inutile sottolineare la bravura di Marcello Prayer (il volto   del protagonista), ma lo facciamo per la sola ragione che è   un attore che meriterebbe più riconoscimenti a dispetto di   quelli che, spesso, con eccesso e gratuitamente piovono sui   colleghi della sua stessa generazione (quella di mezzo).
01/07/2015, 11:49 
Mimmo Mastrangelo