Edoardo Gabbriellini torna alla regia dopo 9 anni dal suo esordio, "B.B. e il cormorano". Se là il suo protagonista era un idraulico, qui
la coppia al centro delle vicende è composta da due fratelli piastrellisti, Cosimo ed Elia, chiamati a lavorare alla casa del celebre cantante Fausto Mieli, ritiratosi in campagna da anni per assistere la moglie, bloccata su una sedia a rotelle.
Nell'apparente quiete del piccolo borgo nascosto nell'Appennino tosco-emiliano,
i due faranno la conoscenza della star, accomodante e gentile, e di alcuni membri della popolazione locale: Adriana, la bella del paese, si invaghisce del giovane Elia, e questo fa arrabbiare il suo spasimante, figlio di bracconieri locali che ce l'hanno a morte col cantante...
La trama del film è ingarbugliata al punto giusto e
riesce nella prima parte (pur con qualche passaggio un po' scontato) a creare le giuste basi e la giusta tensione: un film molto poco "italiano", se questa definizione può avere un senso, che rimanda ad atmosfere alla "Un tranquillo weekend di paura" o ai tanti horror bucolici visti negli anni. Nulla è come sembra agli occhi sprovveduti dei due fratelli, e anche in casa Mieli la tensione, accuratamente nascosta, a lungo andare si farà evidente.
Gabbriellini riesce a costruire
un film insolito per le nostre "latitudini", grazie ai volti giusti messi al posto giusto (il clan di cacciatori del paese), ben servito da Elio Germano e Valerio Mastandrea (quest'ultimo impegnato anche in fase di sceneggiatura), convinti e convincenti.
Se la recitazione di Valeria Bruni Tedeschi è per forza di cose "bloccata",
forti dubbi rimangono sulla scelta di fare interpretare il personaggio chiave del film a Gianni Morandi. Sulla carta una soluzione interessante, con il ritorno al cinema del cantante dopo i musicarelli degli anni '60, ma il suo è un ruolo decisivo e complesso, che
si sarebbe dovuto giocare tutto sull'ambiguità e sul non detto, una sfida complicata per qualunque attore, anche per i più scafati (e Morandi, non ce ne voglia, fallisce in pieno).
Peccato, perché quando si arriva all'interessante finale (anche se i passaggi di sceneggiatura risultano un po' forzati e accelerati)
l'incanto è già rotto a causa dell'impossibilità di ritenere "vero" e credibile il personaggio principale.
Dispiace per il film, che rimane
un buon punto di passaggio per il cinema di Gabbriellini, di cui attendiamo con interesse il successivo capitolo.
02/10/2012, 15:00
Carlo Griseri