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Note di regia del documentario "I Morti di Alos"


Note di regia del documentario
Ho pensato di realizzare questo film nella primavera del 2010, dopo aver visitato Gairo Vecchio, un paese fantasma dell‟Ogliastra (Sardegna orientale) abbandonato dai primi anni ‟60 a causa di una serie di alluvioni che ne avevano pregiudicato l‟abitabilità. La vista di tutte quelle inquietanti strutture fatiscenti, residui di una civiltà agropastorale ormai estinta, aveva suscitato in me una strana sensazione. Sembrava che gli abitanti se ne fossero andati da un momento all‟altro, lasciando in fretta e furia le loro abitazioni a causa di un evento improvviso e incontrollabile. Da subito ho pensato che questa sensazione potesse essere trasformata in un‟idea per un film. Allora ho cominciato a chiedermi con insistenza - Perché gli abitanti hanno abbandonato il paese? - La domanda mi ha assillato per tutto il giorno e per tutta la notte, tormentandomi nel sonno. Poi la mattina, al risveglio, è arrivata finalmente la risposta. - Sono morti. Sono morti all‟improvviso. E subito dopo ho trovato il colpevole di questo assassinio, perché di assassinio si è trattato. - Sono stati uccisi dalla modernità. - In questa cornice da romanzo gotico post moderno, ho sviluppato la storia di Alos, unendo la mia passione per i racconti dalle atmosfere fosche (soprattutto quelli di Edgar Allan Poe) col mio interesse per il periodo storico dell‟industrializzazione degli anni ‟50 e „60, argomento già trattato in un altro mio lavoro, che per la Sardegna e per tutto il Sud Italia ha rappresentato il tragico volto di una nuova colonizzazione travestita da progresso. Da subito ho pensato di realizzare una sorta di falso documentario, mescolando le tetre immagini del luogo con filmati di repertorio e vecchi documentari che riguardavano sia la realtà agropastorale preindustriale isolana, sia la nascita degli stabilimenti industriali in varie parti della Sardegna. Avrei estrapolato queste immagini dal loro contesto originario per inserirle nella nuova realtà fittizia del film, come se riguardassero realmente la storia di Alos, il paese immaginario protagonista del racconto. Avevo bisogno però di un testimone che narrasse la storia, allora mi è venuto in mente che poteva esserci stato un sopravvissuto alla tragedia. Attraverso la sua voce, che sarebbe diventata voce di un popolo, l‟anziano superstite avrebbe raccontato la vita della comunità prima dell‟avvento dell‟industria e descritto le circostanze che portarono alla catastrofe. È nata così questa fiaba noir, un ibrido fra diverse forme espressive e diversi generi, un angosciante urlo di disperazione proveniente dal sottosuolo, un lancinante lamento di chi ha capito troppo tardi che la storiella della modernità era solo un inganno mortale.

Daniele Atzeni