Sinossi *: Maciste vaga per le viuzze del piccolo paesello, trascina la sua esistenza tra alcol, memoria sbiadite e umiliazioni. Nei suoi occhi c’è un vuoto inquietante, nei suoi silenzi si riflette la rassegnazione di chi non si aspetta più nulla dal mondo. A qualsiasi ingiustizia non reagisce più, quasi come se fosse ormai normale subirle, oppure, non ne è più in grado. Dopo una nottata poco felice, si risveglia in un cassonetto dell’immondizia, ben conscio di ritrovarsi li ma inerme dinanzi al fatto stesso. Una giovane ragazza, quella stessa mattina, inconsapevolmente, gli restituirà seppur per pochi attimi, la sua identità: Giuseppe. Il suono del suo nome gli balza davanti come se fosse un qualcosa di astratto, indefinito, un suono al quale non era più abituato, probabilmente lui stesso lo aveva dimenticato. Sette o forse otto i secondi in cui Giuseppe ricorda frammenti del suo passato, per poi ricadere nell’oblio. Io sono Maciste è il racconto di una solitudine antica, un canto dolente sul tempo, la memoria e la dignità perduta.