Fondazione Fare Cinema
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Sara Lucarini  (29/04/2008 @ 17:14)
Due figure strazianti di padre e figlio. Uno dentro, l'altro fuori dal carcere. Ma entrambi alla ricerca del desiderio di paternità. Il figlio che desidera diventarlo per la prima volta. Il padre, che vorrebbe finalmente riuscirci. Ma per riuscirci, entrambi, devono superare gli ostacoli del passato, le barriere che non sono sbarre, ma pregiudizi e orgoglio. Attenzione alla scena in cui sono seduti al tavolo: vestiti uguali, intenti ad accendersi una sigaretta, in quel preciso momento hanno vinto.
Ndir68  (16/02/2007 @ 10:41)
Sorprendente Pasotti, magistrale Colangeli...
Mafalda Come  (14/02/2007 @ 16:00)
E' un film molto bello, ben scritto, ben diretto e ottimamente interpretato.
Marcello Guidetti  (13/02/2007 @ 13:19)
Una storia familiare dei nostri tempi concentrata tra solitudini e incomunicabilità è questo debutto di Angelini. E’ un film dolente e scattante come il protagonista che trova il padre e lo riperde in una danza di scontri e fughe. Il rapporto tra padri e figli sembra essere ricorrente nei film e nei romanzi di questi ultimi anni come a volere ribadire forse la difficoltà di trovare un proprio percorso, una propria identità. Fabio è educatore in carcere, abituato a rapporti difficili tra padri e figli. E proprio in carcere ritrova Sparti, un poco di buono che scopre essere suo padre, che aveva lasciato la famiglia anni prima ed entra in conflitto con lui e con se stesso. E corre in auto, a piedi seguito nervosamente dalla cinepresa. I ritmi costantemente accelerati, la fotografia sgranata fanno respirare un’aria sempre più rarefatta e pungente. E’ un’aria salata che irrita e provoca disagio, scuote e agita. Fabio va a fondo al rapporto abortito con il padre, cercando spiegazioni e risposte, arrivando forse a compromettersi ma non sciogliendo il nodo della sua vita. E si resta ansimanti, colti da asma davanti alla tragedia finale che risolve (forse) ma non purifica. Molto bravi tutti gli attori, da Pasotti laconico e ferito a Colangeli e a Manuela Cescon.
Carlo Zanotti  (11/02/2007 @ 11:42)
Film senz'altro da vedere, per la storia originale e struggente, per i personaggi complessi e ben interpretati da Pasotti e specialmente da Colangeli. Protagonisti di questo film sono l'infelicità e l'egoismo peraltro enfatizzati dalla fotografia scelta dal regista.
Miriam Monteleone  (22/01/2007 @ 11:33)
Minimalista, crudo, vero. La rappresentazione del carcere non scade in compassionevole, non cerca per forza il toccante, ma lo realizza mettendo a nudo l'intreccio psicologico di più esistenze, la loro lotta e infine la loro caduta. Bravo Pasotti, più carismatico che in altri ruoli, bravissimo il padre. Colpo di scena finale. Decisamente da vedere.
Andrea Rossi  (16/01/2007 @ 18:09)
Meraviglioso film, lo consiglio di andarlo a vedere, bravo Giorgio Passotti nel ruolo non facile del figlio che tenta un nuovo rapporto col padre, brava anche Michela Cescon, figlia matura e madre consapevole di essere "sola" senza il padre ma vorrei fare i complimenti a giorgio colangeli (padre), ha saputo farmi emozionare fino alla fine con la sua interpretazione magistrale, semplice e cruda, bravo e ancora complimenti comunque... leggevo che il film è anche a questo festival: Palm Springs International Film Festival e con questo premio "John Schlesinger" ma è una nomitaion o è un altro premio assegnatogli al festival? Grazie
Simona Condelli  (10/01/2007 @ 23:05)
L’aria salata arriva delicatamente dal mare, adagiandosi sui ricordi che bruciano, ricordi che sono vita. Aria salata che regala quell’idea di mare quando gli occhi non possono vedere, quando la libertà è solo aria...che incatena le vite, quella di Fabio (Giorgio Pasotti), educatore carcerario e quella di Luigi (Giorgio Colangeli) uomo, padre lontano e allontanato dai pensieri e dai sentimenti. Urla più forte il bisogno di ritrovarsi e ritrovare l’altro diverso da sè colpevole solo dell’umana imperfezione. Padre e figlio, il passato, le origini, la confusione di un’identità che cerca libertà che non può arrivare prima del perdono che l’aria salata trascina con sé. Ma l’aria salata corrode i pensieri come il rumore del mare i ricordi. E così ognuno porta via con sé dalla vita il suo sogno: Luigi si confonde per sempre forse verso una vita migliore con quell’aria salata, idea di libertà, Fabio regala a se stesso il desiderio dolce, ma disperato di poter dire: "era mio padre".
Claudia Campanelli  (10/01/2007 @ 09:54)
Il film ti tiene incatenata alla poltrona e in alcuni momenti anche senza fiato. E alla fine con la fine, che se in un primo momento ti lascia con la bocca amara, ripensandoci capisci che hanno tutti ragione. Il padre a voler morire. Il figlio a forzare la situazione pur di riavere un padre. La sorella, con consapevolezza femminile e materna, a non voler riconoscere questo padre.
Simone Pinchiorri  (04/01/2007 @ 14:07)
Alessandro Angelini parte dalla sua esperienza di volontariato nel carcere di Rebibbia per narrare la storia dell'incontro dopo più di vent'anni tra un padre carcerato ed un figlio, educatore dei detenuti. Nervi tesi, tragedia, amore e brutalità sono gli elementi essenziali di una sceneggiatura lineare ma efficacissima con un finale per niente buonista. Il figlio, interpretato da Pasotti, cerca di riannodare i fili con un passato difficile da dimenticare, ma tira forse troppo la corda. Sa di non avere avuto mai un vero padre e psicologicamente lo ricerca, non riuscendoci. Pur di poter riconquistare ciò che ha perso, perde il suo ruolo di educatore, facendo di tutto pur di far dare una giornata di permesso al padre, "un morto che pur sempre vive", ma "L'Aria Salata" arrugginirà questo tentativo di riconciliazione. Giorgio Colangeli è superbo nella parte del padre: caratterizza benissimo la sua espressione dura, il suo volto cupo, la sua immagine di uomo forte. L'uomo sa di essere responsabile di ciò che ha fatto in passato e non si pente dell'atto compiuto pienamente, anche se in cuor suo sa anche di aver rovinato l'esistenza di un'intera famiglia. Angelini tende a stringere l'immagine sui personaggi, ponendo sullo sfondo un'ambientazione cupa, che caratterizza bene lo stato d'animo dei carcerati. I dialoghi sono molti pieni di pathos, forti, essenziali. La pellicola è stata molto applaudita alla Festa Internazionale di Roma del 2006, ove era in concorso e non poteva essere altrimenti: un film da non perdere...

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