Note di regia di "Queste Cose Non Avvennero Mai Ma Sono Sempre"
Quando ho iniziato a immaginare Queste cose, a Taranto — la città in cui il film è ambientato — c’ero stato poche volte. Nella mia mente, aveva la consistenza di un’apparizione: fantasmatica, ammaliante, fragile ma vitale. Starci mi lasciava una sensazione fisica addosso, ancora oggi difficile da rendere a parole. Attorno a questa, volevo costruire un film: per darle una forma, uno spazio per liberarla. Un film che restituisse un’inconsistenza e restasse su un piano sospeso, reale quanto emotivo, più intangibile, non quotidiano. Il mio oggetto era un territorio generalmente raccontato in modo fattuale e concreto, schiacciato dalle parole di politici, attivisti, sindacalisti, giornalisti e ridotto spesso a un’unica immagine: quel campo lungo telato sulle ciminiere dell’ex-Ilva, l’acciaieria a carbone più grande d’Europa, che occupa i telegiornali quanto l’immaginario nazionale. Ho tentato di romperla quell’immagine, decomporla, smembrarla, girarci attorno come in un loop e guardare altrove, alla ricerca di gesti e sguardi radicali, slanci utopici, germi di tempo nuovo. Sulla soglia tra biografia e immaginazione, dentro un tempo non lineare ma spezzato, inceppato, ho provato a eludere i binarismi tra visibile e invisibile, presenza e assenza, materiale e immateriale, esteriorità e interiorità. Ho cercato una rappresentazione più istintiva, una sequenza narrativa sfuggente ma capace di accogliere parzialità, percezione, impressione.
Queste cose è un respiro, una meditazione e ha l’architettura di un soundscape messo in immagini.
È un film — forse — su un’inquietudine personale in rapporto a un contesto duro. Un bisogno d’altro, una ricerca di pace, liberazione, aria. Con tre esuli, mai partiti. Un sentimento ambivalente — di amore e cura, d’odio e fuga da una città e un’idea di mondo — ne è stato l’attivatore e ha dato origine a derive intime, solitarie, spaziali, spirituali.
Ho incontrato e riporto umanità legate a materie invisibili: suono, interiorità, spirito.
Pierluca Ditano