FESTA DEL CINEMA DI ROMA 20 - IL FIGLIO PIU'
BELLO di Giovanni Piperno e Stefano Rulli
Con “
Il figlio più bello”,
Giovanni Piperno e Stefano Rulli firmano un documentario intimo e politico insieme, capace di intrecciare la storia di una famiglia con una riflessione più ampia sulla responsabilità dell’amore. Al centro c’è Matteo, figlio di Rulli e della scrittrice Clara Sereni, giovane uomo nello spettro autistico che ormai da anni vive a Perugia con il coinquilino Marco, sorta di seconda figura paterna. Attraverso la sua storia, il film racconta la possibilità – e la fatica – di essere se stessi, di abitare il mondo secondo un proprio seppur fragile ritmo.
Piperno e Rulli scelgono uno sguardo discreto, fatto di ascolto e di prossimità. Non c’è pietismo, non c’è la volontà di spiegare, ma quella di osservare: Matteo emerge come presenza viva, ironica, capace di sorprendere. È in lui che si incarna l’idea di libertà, una libertà quotidiana e imperfetta, che non coincide con l’autonomia assoluta ma con la dignità di scegliere, di esistere per come si è. Accanto al figlio, il padre diventa testimone e controcampo. Rulli si mostra con un pudore che non nasconde il conflitto: la paura di lasciar andare, di non poter più proteggere, di non sapere quando la cura diventa prigione. Il suo sguardo è quello di un genitore ma anche di un autore, consapevole che filmare significa esporsi, interrogarsi. La preparazione del viaggio in Vietnam di Matteo è anche il percorso di liberazione di Stefano, un tentativo di comprendere che la libertà dell’altro è sempre, in parte, la nostra.
E poi c’è
Clara Sereni, vero cuore del film. Anche quando non è in scena, la sua voce attraversa tutto. Intellettuale engagé scomparsa nel 2018, ha saputo essere madre e insieme donna autonoma, trovando nell'editoria e nell’impegno politico la possibilità di non ridursi a un solo ruolo. Il documentario la restituisce come figura di forza e di misura: capace di custodire, ma anche di affermare la necessità di vivere “altrove”, di pensare sé stessa oltre la maternità nonostante contingenze personali e pressioni sociali.
Gli autori costruiscono il racconto con leggerezza e precisione, alternando materiali d’archivio (come alcuni momenti tratti da “Le chiavi di casa” di Gianni Amelio, scritto da Rulli e uscito nel 2004) e momenti di vita vissuta, in un montaggio che segue i movimenti del pensiero più che quelli della cronaca. Ne risulta un film che non cerca la commozione, ma la verità di un sentimento. Tutto si muove in equilibrio: la libertà di Matteo, la paura di Stefano, la memoria di Clara.
“Il figlio più bello” è dunque un film sull’amore come gesto complesso, sull’autonomia come conquista reciproca. Un racconto che parla di diversità senza retorica, che guarda alla disabilità non come mancanza ma come forma di vita piena, degna di essere rappresentata. E nel farlo, ricorda che la libertà – di essere figli, padri, madri, persone – non è mai data una volta per tutte: è un esercizio quotidiano, difficile, ma necessario.
23/10/2025, 20:17
Alessandro Amato