MATTHIAS LINTNER - "My Boyfriend El Fascista,
la politica e le relazioni sentimentali"
Come è nata l'idea di "My Boyfriend El Fascista"?
Matthias Lintner: Durante il lockdown del 2020 tornai a casa da Berlino e lo invitai a passare qualche giorno con me. In quel periodo lui stava iniziando il suo attivismo politico, e vederlo muoversi, discutere, coordinarsi con altri cubani dal mio salotto mi fece capire che lì c’era una storia forte. Nello stesso anno ero stato a Cuba e da lì tutto si è intrecciato in modo naturale: la relazione e il film sono cresciuti insieme. Non saprei dire cosa sia nato prima, e forse non ha nemmeno senso separare le due cose. È semplicemente il modo in cui questa storia è venuta alla luce
Che periodo della tua vita e di Sadiel Gonzalez, era, quando hai sviluppato l'idea?
Matthias Lintner: Per entrambi era un momento di transizione. Io ero appena rientrato al posto dove sono cresciuto, dopo un lungo periodo a Berlino. Ero in una fase in cui cercavo un progetto che avesse un senso reale, che valesse la pena mettere cuore e mano per i prossimi 4/5 anni. Sadiel, invece, stava entrando nel suo attivismo politico. Era il momento in cui la questione cubana stava esplodendo a livello internazionale e lui, quasi senza preavviso, si ritrovò coinvolto in prima linea.
Quanto c'è di "finzione" nella storia che racconti?
Matthias Lintner: Non ho ricostruito scene né guidato situazioni. Tutto ciò che si vede è accaduto così com’è, nel momento in cui accadeva. La magia è esattamente questa: scoprire che la vita, quando la osservi da vicino e la monti con onestà, può avere una struttura narrativa potentissima senza che tu debba inventare nulla. L’intervento inevitabile in ogni documentario è quello del montaggio e lì che avviene la selezione, la sintesi e il ritmo. Ed è lì che, paradossalmente, la realtà può sembrare quasi una sceneggiatura. Quando lavori con materiale così denso, i raccordi tra le scene nascono nella mente dello spettatore, e la storia finisce per assumere forme che ricordano la finzione pur essendo totalmente vera.
Consideri "My Boyfriend El Fascista" un film più politico o sulle relazioni umane, o entrambe le cose?
Matthias Lintner: Per me è entrambe le cose, ma non in modo separato. La relazione umana non è un pretesto, è la lente che permette di capire quanto la politica possa diventare qualcosa di intimo, concreto, e quotidiano. In questo incrocio il film trova la sua forma: quando la politica entra nel privato e il privato diventa inevitabilmente politico. "My Boyfriend El Fascista" non sceglie un lato, mostra piuttosto come le relazioni influenzino le scelte politiche e come i contesti politici mettano alla prova le relazioni.
Cuba, cosa rappresenta nella tua vita?
Matthias Lintner: Cuba, per me, è un luogo che ti obbliga a fare i conti con ciò che è reale e con ciò che preferiresti non vedere, dove ho capito quanto la distanza tra la retorica e la realtà possa essere enorme. Cuba è un punto di rottura e da quella frattura è nato anche il bisogno di raccontarla attraverso Sadiel. Ci ero andato senza un progetto in mente e mi sono trovato davanti a un Paese bellissimo, dove la vita quotidiana racconta molto più di qualsiasi discorso ufficiale. Mi ha costretto a mettere da parte le idee astratte sui sistemi politici e a confrontarmi con le persone, con le loro contraddizioni, le loro paure e le loro scelte.
Perché questo titolo?
Matthias Lintner: Il titolo nasce da un episodio preciso, che per me è stato un punto di svolta. Ero a una manifestazione a Roma: l’ambasciata cubana aveva mobilitato alcuni sostenitori italiani per
contromanifestare contro Sadiel e il suo gruppo. Da una parte c’erano cittadini cubani che chiedevano diritti fondamentali; dall’altra, persone italiane che li insultavano gridando “fascisti”, “mercenari”, “venduti agli americani”, arrivando persino a lanciare monetine. Io ero lì con la camera. Essendo da sempre un antifascista convinto, ho avuto un pensiero molto semplice: perché mi trovo dalla parte che sta ricevendo proprio quell’insulto? Quel cortocircuito mi ha fatto anticipare quante contraddizioni il film sarebbe andato a toccare.
Il film è attualmente in "giro" per i festival internazionali... ci puoi parlare del suo percorso? Avete in mente anche una distribuzione in sala?
Matthias Lintner: "My Boyfriend El Fascista" è stato selezionato in numerosi festival internazionali diversi tra loro: queer, politici, sociali e documentari. Questo per me è un segnale forte, il film non resta bloccato in una nicchia, parla a pubblici molto differenti. Per me è stato un termometro perfetto del clima culturale italiano: il film divide, provoca domande, e proprio per questo interessa. Qualcuno ha scritto se con questo titolo il film, che comunque consiglia di vedere, troverà mai una distribuzione in Italia? Mi sembra molto paradossale che viviamo in un Paese in cui “fascista” viene usato quotidianamente come insulto o etichetta politica, ma quando diventa il titolo di un film intimo, improvvisamente scandalizza e sciocca. Sulla distribuzione, sì: stiamo lavorando a una distribuzione in sala. Puntiamo anche a una tournée mirata nelle sale indipendenti e nei cineclub che vogliono aprire discussioni reali con il pubblico. È lì che il film funziona meglio: quando genera dialogo, confronto e anche conflitto, se necessario.
Progetti per il futuro? Stai lavorando ad un nuovo film?
Matthias Lintner: Non voglio annunciare troppo, ma il mio prossimo progetto parlerà del senso fragile di identità e del concetto di casa quando niente sembra aver preso una strada dritta. Nel momento sono in fase di ricerca e appena sarà pronto farò le prime applicazioni. Anche se come nei miei film precedenti, credo che sia la Storia a trovare me, e non viceversa.
03/12/2025, 11:58
Simone Pinchiorri