Note di regia di "Kushta Mayn, La mia Costantinopoli"
Il cortometraggio mette in scena i verbali di un processo tenutosi a Venezia a metà del Cinquecento. Nello studiare la vicenda, ho percepito che la sua portata emotiva non era stata attenuata dal tempo e che mi permetteva di indagare la crisi di un rapporto simbiotico attraverso i labirinti dell’identità. Credo che per rendere vero e quindi universale un racconto non si possa che partire dalla sua singolarità irripetibile; per questo mi affido ai documenti e cerco di restituirne il respiro più autentico. Frasi intere sono tratte dai verbali e ciascun personaggio usa la propria lingua, che ne racconta la provenienza e il percorso di vita. Ho poi cercato un’immagine imperfetta, frutto di obiettivi invecchiati e di una cinepresa sempre un passo indietro rispetto ai personaggi e quindi incapace di anticiparne i movimenti. Tutto ciò, per restituire il filtro opaco che sempre si frappone fra noi e la realtà quando cerchiamo di catturarla.
Nicolo' Folin