Note di regia di "Ravone"
La sera del 19 ottobre 2024, a Bologna, si è verificata una forte alluvione. Diversi torrenti sono esondati, invadendo case e attività commerciali. Due donne hanno rischiato di morire annegate. Una donna filippina ha temuto per l’incolumità della sua neonata. Altre persone hanno perso tutto quello che c’è, di utile e caro, all’interno delle case, dei luoghi di lavoro, dei garage e delle cantine. Il mio quartiere ha subito gravi danni. Ho iniziato a raccogliere immagini e testimonianze a qualche giorno di distanza dall’accaduto, con un sentimento di pudore, necessario in queste circostanze dove qualcuno ha subito un forte trauma e ci si trova nel ruolo di osservatore e testimone.
Questo documentario è nato dall’urgenza di raccontare qualcosa che non si era mai visto prima in questa città. Nel contempo vuole essere uno strumento di memoria collettiva e di riflessione su questo tragico evento – che accomuna sempre più luoghi e persone nel mondo – attraverso la voce e i ricordi dei cittadini colpiti.
Cosa resta dopo un’alluvione? Questa è la domanda alla quale cerco di rispondere con questo film. Lo sguardo si sofferma in modo particolare sugli oggetti sfigurati, sui luoghi svuotati e silenziosi, sui dettagli che attivano un’emozione o un’identificazione. I tempi filmici sono lenti, pieni di silenzi, come i tempi interiori di elaborazione di una tragedia, di un lutto, dove non occorrono troppe parole.
Le ferite psicologiche dei cittadini sono profonde, dovute alla paura vissuta, al sentimento di impotenza, alla consapevolezza che la natura non è governabile dall’uomo e al timore che tutto ciò possa riaccadere. La perdita improvvisa della casa, che rappresenta il rifugio protettivo, e di tutto ciò che essa contiene, che rappresenta l’identità e la memoria materiale dell’uomo, è un lutto lento e doloroso da superare.
La percezione stessa della casa, o degli ambienti di lavoro, come luoghi sicuri, si modifica.
La forza dell’acqua, improvvisa e indomabile, e la siccità, dall’impatto devastante su agricoltura ed ecosistemi, sono due facce dello stesso fenomeno: ci rivelano l’equilibrio fragile e delicato tra uomo e natura, un equilibrio sempre più compromesso.
Questo documentario è rilevante perché evidenzia l’importanza e l’urgenza di preservare il capitale naturale, essenziale per la sostenibilità sociale ed economica della comunità. Potremmo definirlo un “ritratto ambientale” in cui l’acqua sembra minacciare una vendetta contro l’umanità, un monito a cui dovremmo prestare ascolto, oggi più che mai.
L’emergenza locale si configura, dunque, come un’emergenza globale, che impone una profonda riflessione sugli stili di vita e sul modello di sviluppo che continuiamo a perseguire – e che forse definiamo impropriamente tale – nonché sulla necessità di una maggiore cura del nostro territorio e un appello a praticare la sobrietà energetica.