FRAMMENTI AUTORIALI - Vicina alle posizione
dei registi iraniani Panahi e Rasoulof
“Frammenti autoriali” è un minuto contenitore filmico ideato non solo col proposito di accendere schermi nelle comunità lucane dove mancano le sale, conoscere le nuove cinematografie d’autore del mondo , ma con le sue sedici edizioni si è anche cercato di “gettare - per dirla con Pasolini - il corpo nella lotta”, affermando la prospettiva di un cinema di resistenza dedito ad osservare in profondità i cambiamenti della storia, le sofferenze dei popoli. Il cinema non è distrazione, ha una sua etica, una “posizione morale”, per questo con le visioni di “Frammenti autoriali” si è indagato sulle tematiche del cambiamento climatico, delle guerre nel mondo (in particolare del conflitto Medio Orientale) della libertà e dei diritti. E proprio in relazione alle restrizioni che i governi impongono ai propri cittadini si è voluto aprire spiragli su quel cinema iraniano amatissimo e premiato in tutto il mondo i cui autori, dissidenti verso il regime degli ayatollah, sono costretti a lavorare a Teheran in clandestinità, come per Jafar Pahani (vincitore della palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes con “Un simple accident” ), o lasciare il Paese come ha fatto Mohsen Makhmalbaf che dal 2005 è rifugiato a Londra. Per amore verso il “cinema persiano” e il sogno di vedere un giorno l’ Iran libero, democratico, non soggetto a costrizioni e vessazioni chi scrive, in quanto ideatore e curatore di “Frammenti autoriali, è vicino alla posizione manifestata dai registi Jafar Panahi e Mohammad Rasoulof ( il suo ultimo lavoro “Il seme del fico sacro” è stato candidato all'Oscar del miglior film straniero) che in un documento hanno condannato fermamente i bombardamenti delle milizie israeliane sulle città iraniane. Secondo i due registi ed altre personalità della cultura persiana (tra cui la premio nobel per pace Shirim Ebadi) l’azione criminale di Netanyahu attacca l’integrità territoriale dell’Iran, il diritto inalienabile del suo popolo e l’autodeterminazione nel quadro di una vera sovranità. Il governo assassino di Israele non può essere l’artefice del cambiamento dell’Iran, negli ultimi mesi a Teheran e in altre città è stata forte ed insistente la protesta di massa delle donne (e di tanta gente) tale da costringere il regime a dei cambiamenti sociali irreversibili. L’Iran non può rimanere in ostaggio agli ayatollah, ma nemmeno si può immaginare che in futuro si regga su una sovranità limitata o sia sottomesso ad Israele (o agli Usa). Ci sarà un giorno un altro Iran, ma solo grazie al suo popolo che si ribella, lotta a mani nude e con le proprie idee. Il cinema è coi popoli che vogliono libertà e diritti, è scuola perché fa guardare verso un oltre, insegna che nelle guerre non ci sono vincitori ma solo profitti per i mercanti di armi. Oggi la voce, la protesta di Panahi, Makhmalbaf, Rasoulof ci dice che la democrazia in Iran non si esporta lasciando abbattere droni di morte sulla popolazione inerme, ma si può ripiantarla con la solidarietà e attraverso le vie della pace.
Mimmo Mastrangelo
cinecronista e curatore della rassegna lucana “FRAMMENTI AUTORIALI”
20/06/2025, 14:52