Note di regia di "Milarepa"
Una riscrittura del genere fantascientifico
Milarepa è un film di fantascienza, ma non nel senso classico del termine. È una rilettura del genere, un’opera che immagina un futuro in cui, in un contesto rurale e arcaico, l’umanità ha abbandonato la corsa tecnologica per tornare alle proprie origini. Dopo il fallimento della scienza e del progresso materiale, l’essere umano torna al centro della narrazione, in netto contrasto con la vacuità delle cose. La tecnologia si dissolve, lasciando spazio alla spiritualità popolare, alle leggende, ai “fantasmi” della natura. Il film prende ispirazione dal mito di Mad Max, ma lo ribalta: l’azione cede il passo all’introspezione, e il movimento narrativo si sposta dalla corsa al fuori, al cammino verso il dentro.È un film che mescola fantascienza e cinema dell’anima, dando spazio all’evoluzione interiore dei personaggi e al rapporto profondo con l’ambiente che li circonda.
Il viaggio dell’eroina
Milarepa racconta un percorso di formazione attraverso lo sguardo di un’eroina libera, lontana dagli stereotipi e dai canoni tradizionali. La protagonista, Mila, affronta prove che non sono solo fisiche, ma profondamente psicologiche, emotive e spirituali. Il suo viaggio è un rito di passaggio tra dolore e consapevolezza, tra ferite e perdono. È chiamata ad affrontare l’ambivalenza del legame materno, e a fare i conti con l’impossibilità di guarire senza passare dalla compassione.
La musica come elemento narrativo
Sebbene la storia tratti temi universali, desideravo che il film parlasse anche delle radici italiane, dei suoni, dei luoghi e delle atmosfere della nostra terra. Per questo ho scelto la Sardegna come scenario principale, con i suoi paesaggi misteriosi e dimenticati. La colonna sonora fonde in modo originale le musiche popolari con sonorità tibetane, creando un ponte invisibile tra culture lontane ma spiritualmente affini. La musica in Milarepa non accompagna soltanto, guida. È parte integrante della trasformazione della protagonista.
Un contesto multiculturale e simbolico
Milarepa non si rivolge solo a un pubblico italiano. È un film pensato per parlare al mondo. La mia intenzione era quella di costruire un universo visivo e umano in cui culture orientali e occidentali si fondessero, riflettendo il presente e proiettandoci verso un futuro ibrido, ricco di contaminazioni. I personaggi hanno origini diverse — europee, arabe, asiatiche — e convivono in un mondo dove la tradizione locale si intreccia con le leggende dell’Himalaya. È una visione profonda della realtà: popoli feriti ma ancora capaci di sperare, di unirsi e di ritrovare una direzione.
Scelta e direzione degli attori
Tutto è partito dal casting. Un processo lungo, fatto di ricerca autentica. Cercavamo volti che raccontassero storie ancor prima di recitare, corpi abitati da verità. Ogni attore ha avuto il tempo per innamorarsi del proprio personaggio, per viverlo prima di interpretarlo, per portare sullo schermo non una maschera, ma una parte viva di sé.
La fotografia come specchio dell’anima
Il viaggio di Mila è fatto di contrasti, e volevo che anche l’immagine li riflettesse. Per questo la fotografia alterna inquadrature statiche ed esterne, che evocano la rigidità sociale e i limiti imposti dalla cultura, a movimenti di macchina dinamici negli spazi interni, che raccontano il turbamento, la fragilità e il desiderio di liberazione. La luce accompagna il percorso: inizia spenta, terrosa, desaturata, e si fa via via più luminosa, più viva, più consapevole, man mano che Mila si avvicina alla verità di sé.
Milarepa non è solo un film. È una meditazione visiva, un rito di passaggio collettivo, un invito a fermarsi, ascoltare e ricordare che l’evoluzione più grande è quella che accade dentro di noi.
Louis Nero