Note di regia de "L'Annata - La Ballata dei Vignaioli di Laguna"
Ho girato “L’annata” guidato da due motivazioni principali. La prima era la voglia di scoprire una Venezia rurale che neanche sospettavo potesse esistere. La seconda era l’immersione nella dimensione comunitaria di Laguna nel bicchiere. L’intreccio di queste due linee narrative mi ha affascinato e mi ha spinto a portare avanti un progetto che si preannunciava sin dall’inizio fuori scala rispetto alle mie forze. Vivendo a Milano e lavorando a tempo pieno come film-maker e produttore, ho dovuto inventarmi il tempo per seguire passo dopo passo le attività dell’associazione e lo scorrere delle stagioni. Spesso partivo da Milano con il primo treno alle sei del mattino e tornavo con l’ultimo verso le venti. A volte dormivo un paio di notti, approfittando dell’ospitalità di Vanna, socia di Laguna sin dal primo giorno, o prendendo una stanza in un qualche bed and breakfast di Mestre. Ho fatto praticamente tutto da solo. Non avevo i mezzi per portare con me un fonico o un assistente. Questo che da una parte può sembrare un limite, dall’altra porta a un’intimità con i personaggi e una vicinanza all’azione che sarebbero stati difficili da ricreare con una troupe classica. Di conseguenza, le difficoltà che i protagonisti incontrano durante l’annata, rispecchiano anche le mie; alle prese con una storia complessa che sfuggiva da tutte le parti e azioni che avvenivano in contemporanea. Cosa riprendere? A chi dare più spazio? Ho scelto di mettermi in difficoltà con un approccio basato su un mix, poco canonico nel genere documentario, di osservazione e partecipazione. Ho lasciato che l’azione dei personaggi guidasse il mio lavoro di ripresa e che questo però non risultasse invisibile, ma che anzi avesse un suo peso percepibile. Un uomo con la macchina da presa che turba gli eventi con la sua sola presenza. Questa relazione, questa contaminazione, credo sia al centro del racconto del film.
Andrea Mignolo05/05/2025, 17:54