IL COMPLOTTISTA - Valerio Ferrara: "Può succedere a chiunque"
Il regista
Valerio Ferrara è in tour per l'Italia per presentare il suo film d'esordio, “
Il Complottista”, una commedia amara sul mondo dei complotti, delle fake news e delle credenze popolari di questo millennio.
L'idea nasce da un corto di grande successo, “Il barbiere complottista”.
«Quello era il mio lavoro di diploma al Centro Sperimentale, ma non pensavo di farne una versione lunga, sinceramente. Anzi, ai tempi del CSC in un laboratorio di sviluppo del nostro primo lungometraggio ho portato un'altra idea, che ancora non sono riuscito a realizzare. È poi capitato che una produttrice mi chiedesse a cosa stavo lavorando, aveva visto il mio corto prima, "Notte romana", e ora siamo qui. Ma sia chiaro, per me il corto è una forma d'arte di livello altissimo, non l'ho mai visto come un passaggio».
Come sei finito a narrare il mondo dei complotti?
«È un mondo che ho scoperto nel 2020, un po' l'anno zero per questo tema. Alla mia prima uscita dopo il lockdown sono incappato in una manifestazione complottista: c'era gente di tutti i tipi, con rivendicazioni molto diverse, evidentemente poco organizzate e mi hanno in qualche modo affascinato. C'era una gran caciara, chi aveva cartelli sul pericolo del 5G, chi contro il Papa, chi ce l'aveva con i giornalisti satanisti... ognuno aveva il proprio slogan».
Si tratta di un tema delicato, facile da strumentalizzare da ogni lato: come lo hai affrontato?
«È un tema scomodo da entrambi i lati, vero. Non esistono film su questo tema ("Ipotesi di complotto" è lo stereotipo che volevamo evitare, citerei solo "Under the silver lake"), ho dovuto studiare molto, mi sono iscritto a gruppi sui social, ho parlato con studiosi e ho scoperto tante teorie su molti argomenti. Ho ricevuto molte critiche da chi mi accusa di dare spazio a persone che non se lo meritano ma anche da complottisti che mi accusano di averli presi in giro (senza aver visto il film, però). chi mi dice che è un film di regime e chi mi dà la colpa del proliferare di complotti in giro... Non parliamo di quel che mi scrivono sui social!».
Come protagonista hai scelto Fabrizio Rongione, volto del cinema d'autore europeo: come mai?
«So che la sua è una scelta rischiosa, ma volevo in qualche modo deromanizzare una storia molto romana: lui è un buono, un uomo che mostra fragilità, con un volto sognante. Il suo volto mi serviva per far capire che cadere nella rete dei complotti può succedere a chiunque, in qualsiasi momento».
Perché hai scelto un barbiere come protagonista?
«Una volta i loro negozi erano un luogo di ritrovo, oggi sono quasi sempre vuoti e hanno molto tempo libero, la loro è una piccola solitudine quotidiana in cui la fantasia può spaziare... passando molte ore sullo smartphone, può succedere di tutto. Ma il film non si schiera mai».
Il corto ha vinto un premio importante a Cannes e ha girato il mondo: com'è la situazione dei complotti all'estero?
«Sono successe cose incredibili: a Cannes a fine proiezione una ragazza coreana mi ha detto che nel suo Paese si dicono le stesse cose, ci sono le stesse voci! In Brasile pure, addirittura ai tempi delle elezioni il candidato Bolsonaro usava alcune teorie complottiste per farsi vorare, e cose simili sono successe in Turchia. Tutto il mondo è simile, se si parla di complotti: è una lingua universale».
04/05/2025, 11:00
Carlo Griseri