QUI E' ALTROVE - Armando Punzo rivitalizza il
carcere di Volterra con l'anima umanista d leel
teatro ndocumentario di Gianfranco Pannone
10 giorni di riprese a fianco ai carcerati e ai circoli di discussione sulla forma e lo scopo di quest'impresa - 10 giorni, che sembrano racchiudere mesi, anni di lavoro. Gesto politico o performativo? Qualsiasi sia la natura del lavoro di
Armando Punzo sul corpo e sull'anima del carcerato, l'atto teatrale da inutile orpello del passaggio del tempo diventa missione di vita e rito di passaggio trasformativo.
Punzo è regista, attore, in qualche modo filantropo, conscio dell'inutilità intrinseca in potenza dell'arte eppure prono, con tutte le sue energie, a scoprire o inventare un'utilità, una trasmutazione. Il tempo diventa teatro, e Punzo finisce per passare tanto tempo in carcere quanto gli attori che si è scelto, un neo-carcerato volontario e donchisciottesco, un eroe che non aspira alla liberazione delle anime e dei corpi dei prigionieri, ma all'elevazione della forma teatrale mediante l'inclusione umana ed esistenziale.
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Qui è altrove", e l'altrove è qui, tra le quattro pareti della prigione che sembrano espandersi. Il rigore di Pannone e dell'operatore, sempre concentrati sull'essenzialità dello scorrere e scambiarsi di corpi non teatrali e situazioni teatrali, finisce per creare, solo con lo sguardo, una forma straordinaria di comunità, unione nell'uguaglianza e nella diversità, redenzione nella comunicazione tra sguardi. Il processo lavorativo stressante che si trova dietro la creatività non è nascosto, è anzi esaltato come parte integrante di questa rivitalizzazione. Il luogo sociale, prigione letterale e figurativa, ri-ottiene linfa vitale sia per l'operazione artistica (gli attori che si sentono più in gabbia dopo aver scoperto l'arte, come in Cesare deve morire dei Taviani) sia per il rispettoso e rigido approccio alla materia del nostro sguardo su di loro.
Senza inquietare il tempo del film con infestanti interviste, siamo immersi senza compromessi nella natura sognante di un magico equilibrio tra arte e responsabilità sociale, tra vita e morte, tra documentario e creazione pura. Il punto di vista documentario del film non eccede mai, rimane sempre giustamente distaccato, eppure mai incapace a rivelare la commovente natura del lavoro di Punzo e della sua Compagnia, senza aggiungere retorica a quella astratta e performativa degli spettacoli teatrali stessi.
19/01/2025, 16:40
Nicola Settis