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DOSTOEVSKIJ - "Il nostro film ha tutte le nostre contraddizioni"


Dall'11 al 17 luglio in sala, prima di arrivare in televisione su Sky in autunno, la serie "Dostoevskij" è sul grande schermo in tutta Italia. Filippo Timi è il poliziotto Enzo Vitello, uomo dal buio passato, ossessionato da “Dostoevskij”, killer seriale che uccide con una peculiarità: accanto al corpo l'omicida lascia sempre una lettera con la propria desolante e chiarissima visione del mondo, della vita e dell’oscurità che Vitello sente risuonare al suo interno.


DOSTOEVSKIJ -
I Fratelli D'Innocenzo al Massaua Cityplex di Torino
Una vera maratona, in compagnia del pubblico, fissata per sabato 13 luglio al Massaua Cityplex di Torino, lo stesso giorno in cui il personaggio di Ambra - interpretato da Carlotta Gamba - compie gli anni nella finzione: i Fratelli D'Innocenzo hanno accolto l'abbraccio di Torino, delle 150 persone che hanno riempito la sala Emozioni del cinema per oltre sei ore (complessive, tra proiezione e chiacchiere) per vivere tutte insieme l'esperienza "Dostoevskij" su grande schermo.

"Grazie di essere qui, a metà luglio non è scontato vedere una sala così piena", commentano a inizio serata. "Ci sembrava di tradire le storie che abbiamo amato e ci hanno letteralmente salvato la vita, non andando in sala con questo lavoro: allora abbiamo detto a Sky che se ci avessero preso a Berlino e se l'avessero presa integralmente avrebbe voluto dire che il cinema era la casa giusta per questo lavoro, e saremmo anche usciti in sala", commenta Damiano. "Vedere su grande schermo le riprese fatte in pellicola è più appagante, rende giustizia al lavoro che si è fatto: per noi è stata la prima volta con questo mezzo, ci tenevamo molto a livello visivo, ci sembra il modo migliore per mostrare questa storia".

Fabio spiega al pubblico in sala come è nata la serie: "Abbiamo flirtato a lungo con Sky, anche se eravamo un po' spaventati dal fare qualcosa di lungo (dura più dei nostri tre film precedenti tutti insieme!), noi siamo più uterini, siamo estemporanei. Eravamo titubanti ma poi è venuta l'idea giusta e per due anni abbiamo lavorato a questo film di cui siamo molto orgogliosi (anche se ora farei due-tre tagli ma la copia è ormai chiusa...). Mi ricordo perfettamente quando con Damiano ci dicemmo: facciamo Dostoevskij, facciamo una cosa più forte. Ci sembrava una sfida a tutta la tv e visto che nella vita delle volte devi andare avanti cercando un nemico, abbiamo detto: tutto quello che non si può fare cerchiamo di farlo".

Mentre nella Sala Emozioni iniziava l'Atto I, i due registi si sono concessi alle interviste in un altro spazio del cinema. "A volte la vita è un depistaggio - spiega Fabio commentando l'alternanza tra serietà e momenti più leggeri presente nel plot - e ci piaceva sabotare un po' il genere con gli inconvenienti e i passi falsi che sono il 90% della nostra vita".

Le lettere di Dostoevskij sono state il punto di partenza per costruire il personaggio del vostro assassino? Damiano risponde: "Sì, abbiamo scritto all'inizio integralmente le lettere, nella serie se ne vede solo una parte. A Sky abbiamo raccontato la trama e appena l'hanno approvata abbiamo iniziato a scriverle. Abbiamo pensato come ispirazione ai diari di Guido Morselli, uno scrittore incredibile, alle lettere tra John Fante e sua mamma, ai diari di Kafka... ne abbiamo scritte una decina, poi condensate in sette, Filippo le ha registrate tutte e poi abbiamo preso quello che ci interessava di più".

Dell'interpretazione di Carlotta Gamba, straordinaria, ha parlato Fabio, che è anche il suo compagno. "Noi possiamo scrivere delle bellissime sceneggiature ma senza gli attori che gli danno vita restano pezzi di carta. Aveva fatto con noi "America Latina" ma aveva un ruolo marginale, personalmente l'avevo sottovalutata come attrice. Poi ci siamo innamorati, e non volevo lavorare con la mia compagna: l'ho esclusa a priori dal possibile casting e abbiamo cercato tutte le possibili attrici, prima tra i 20 e i 27, poi alzando fino ai 35, ma non trovavamo quella giusta. Era fondamentale che l'attrice scelta fosse allo stesso livello di Filippo Timi, una cosa che odio quando vedo un film è se non c'è lo stesso livello nel cast: mio malgrado la più brava era lei, ci ha conquistato. Ha costruito il suo corpo con una dieta molto ferrea per essere Ambra, è diventata quasi un fantasma, e ha portato una rabbia molto vulnerabile al personaggio, è molto combattiva, molto feroce...".

A proposito di sceneggiature, in passato i Fratelli D'Innocenzo hanno affidato ad altri i loro testi prima di diventare autori. "Lo continuiamo a fare, stiamo scrivendo due film che saranno diretti da altri", spiega Damiano. "In passato le cose sono andate in modo non sempre positivo: il film diretto da Wilma Labate, "La ragazza ha volato", era un capolavoro ma il risultato è vergognoso, molto pavido, svuotato della sua carica, iperdimenticabile, mentre gli altri invece hanno molto cose buone. Se conosciamo il regista è più semplice, è già un indirizzo per la scrittura: "La ragazza ha volato" era pensato per Citto Maselli, pace all'anima sua, ma era troppo anziano per farlo. Ma noi nasciamo scrittori e probabilmente se a livello economico la scrittura bastasse per vivere faremmo solo quello".

Sul montaggio affidato a Walter Fasano i commenti sono univoci: "Sul manifesto del film è scritto che questo è un film dei Fratelli D'Innocenzo, ma sarebbe più giusto scrivere della famiglia D'Innocenzo, una famiglia costituita dalle persone con cui lavoriamo. Al montaggio non siamo gelosi del nostro materiale, anzi, ma siamo presenti dal primo all'ultimo secondo: sarebbe limitativo trovare una sola parola per definire l'apporto di Walter, davvero".

Rientrati in sala tra la prima e la seconda parte, le domande del pubblico hanno suscitato molte altre riflessioni e aneddoti. "Noi ci occupiamo del casting, che è fondamentale per i nostri lavori, e lo facciamo per tutti i ruoli, dai più importanti a ogni singola comparsa. Non siamo registi che provano con gli attori, facciamo i provini e poi ci affidiamo a loro. Questo lavoro lo facciamo perché amiamo gli attori, siamo sinceri: vogliamo attori che riescano ad avere una percentuale di mistero, un che di inevaso anche per noi due, che il pubblico poi completerà con la propria sensibilità. Se scegli gli attori con la giusta attenzione, poi sul set è tutto semplice. Ma dico semplice - conclude Damiano - come può essere una relazione con un animale, che è tutto un divenire. Quello che accade è interessante, è nuovo, è dolce".

Anche le location sono fondamentali: "Col nostro primo film, "La terra dell'abbastanza", che era radicato nella periferia romana, si era creata un po' una specie di 'gara ad esclusione', era facile fuggire da quello che vedevi perché non abitavi là... questo ci stava stretto e da allora abbiamo iniziato a cercare un'astrazione nei luoghi. Per questa serie il primo luogo provato era Foggia: siamo stati lì un'ora e mezza - dovevamo stare dieci giorni - e siamo ripartiti subito, era chiaro che quei rottami non erano interessanti a livello cinematografico. Gran parte della serie è ambientata tra Viterbo e Tarquinia. Ci interessava moltissimo che i nostri ambienti assomigliassero a disegni fatti da bambini, molto essenziali, sintetici. Ci sono voluti sette mesi in tutto per cercare i posti giusti ci sono voluti".

Dalla scelta dello scrittore cui intitolare la serie ("A 12 anni lo abbiamo letto e ci ha formato, è il primo che ha sedimentato in noi nel modo giusto") alle loro influenze ("Cinematografiche Melville, Pedro Costa, "True Detective", Lee Chang Dong, ma anche tanta letteratura come Antonio Moresco, Morselli, William T. Vollmann"), i Fratelli D'Innocenzo rispondono anche a domande sui loro inizi.
"Abbiamo capito di essere registi il primo giorno sul set del nostro primo film, non avevamo mai fatto corti né scuole di cinema, avevamo fatto l'alberghiero... Quel giorno abbiamo detto "azione" per la prima volta, abbiamo chiesto la sera prima a un amico più esperto come avremmo dovuto dirlo! Quando abbiamo detto il primo, ci è uscita anche una bestemmia, e in quella bestemmia c'era tutto il nostro amore reciproco, gli anni passati insieme a smezzarci i cracker... Ci abbiamo creduto tanto, ci abbiamo lavorato tanto e per questo i nostri film sono sempre un'esagerazione, è un po' la nostra natura, ci sono tutte le nostre incredibili contraddizioni".

Quasi cinque ore di racconto, in totale: "La serie si prende il suo tempo, è una cosa che amiamo come spettatori e con una serie siamo riusciti finalmente a metterlo in pratica, ad avere la possibilità di creare un'atmosfera prima di creare una trama: è una cosa che i grandi libri possono fare, per un film è più difficile".

15/07/2024, 11:59

Carlo Griseri