Fondazione Fare Cinema
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Note di regia di "Supersex"


Note di regia di
A cura di Matteo Rovere (ep. 1 - 4 - 6)

Supersex per me senza dubbio non è un racconto sul porno, ma su ciò che il porno rappresenta. Non è un racconto erotico, ma è il racconto di come l'erotismo muova i rapporti tra gli individui.
In questo senso la lettura delle pagine di Francesca Manieri mi ha magnetizzato. Non avevo grande interesse nel tema, ma il mio era un pregiudizio, immediatamente negato sia dalla natura della materia trattata, che dal punto di vista scelto.
La vita di Rocco Siffredi era sorprendente, emozionante, tragica e comica insieme. Ma soprattutto risuonava con il presente in modo immediatamente percepibile. Dalla nostra prospettiva infatti, calata in un contemporaneo nel quale il porno è passato dall'essere un sistema segreto e inaccessibile, al divenire uno strumento di massa, a disposizione di chiunque, con rilievi politici ma soprattutto sociali logicamente nuovi, è evidente che interrogarsi e problematizzare tutto questo, analizzandone le origini umane ed emotive, ci portava al centro di un tema e di una storia che tocca una delle cose più importanti quando si vuole fare un racconto: il nostro tempo, il tempo che viviamo.
Siamo in un momento in cui i media cercano notizie ogni giorno nuove, creando continue contraddizioni nel percepito e allontanandosi spesso dai nodi sociali che caratterizzano il contemporaneo. Io sono convinto che per ragioni storiche il ruolo dei narratori, degli intellettuali in senso più ampio, stia affrontando una crisi enorme, rapida, che forse non siamo pronti ad affrontare. Anche nei racconti per il cinema e per la televisione mancano i conflitti, manca la maturità politica ed etica di voler affrontare temi non per forza integrati, creando linguaggi gioco forza sempre simili, pieni di debolezze e paure. Viviamo circondati da un costante pensiero moderato, da cui abbiamo espunto ogni contrasto, ogni pensiero disturbante, qualsiasi voglia di essere scomodi o di aprire un dibattito, magari anche innovando forma e linguaggio oltreché contenuto. Un progetto come questo, che unisce una forma popolare a uno sguardo forte sul tempo presente, è più unico che raro, e io sono grato di averne potuto far parte.
Realizzando la serie spero di essere riuscito, insieme ai miei tanti compagni e compagne di viaggio, a mantenere la forza emotiva delle pagine: ho fatto il massimo per mettermi al servizio di un testo che evitava qualsiasi rimosso, dando vita alla storia in modo diretto, cercando di non perdere sia la componente spettacolare che quella sentimentale.
Da un punto di vista strettamente registico, ho lavorato con Francesca Mazzoleni e Francesco Carrozzini all'idea che il percorso di Rocco fosse anche un percorso formale per la serie, nella quale abbiamo adottato, di concerto, un punto di vista sì comune, ma anche in evoluzione. Ad esempio ogni scena esplicita rappresenta per il nostro protagonista un passaggio nodale, il gradino di un percorso che andava raccontato in modo diretto.
Il lavoro del cast, Alessandro, Jasmine e Adriano in primis, ha dato forza alle immagini, e nella direzione attoriale ci siamo concentrati molto sul realismo, ma anche sul rendere accessibili le emozioni, positive o negative, che percorrono i nostri protagonisti.

La luce di Daria D'Antonio, ma anche il disegno sonoro curato da Vincenzo Urselli e Mirko Perri, hanno dato veramente vita al racconto. Permettetemi però di citare Lorenzo Mieli, che ha ideato tutto questo, Valentina Avenia e Ogi Dizdarevic, che hanno letteralmente prodotto con noi la serie, ma soprattutto Netflix, che pensavamo di conoscere, ma che invece sa ancora sorprenderci, e questa è la forza più grande.

A cura di Francesco Carrozzini (ep. 3 - 7)

Quando ho letto le sceneggiature di Supersex per la prima volta, ero immerso nella post-produzione del mio primo film, The Hanging Sun, una storia noir ambientata nei paesaggi desolati della Norvegia settentrionale. Non avrei potuto trovare un progetto più diverso da questo nel quale cimentarmi. Sono rimasto immediatamente affascinato dall'intricato ritratto del Rocco Siffredi di Francesca Manieri e profondamente commosso dalla centralità che il tema della famiglia ha nel racconto. L’idea di presentare il protagonista della serie come un supereroe che si forma nella provincia italiana è stato un ulteriore elemento di interesse.
La fusione di generi e ambientazioni rappresentava una novità rispetto ai soliti progetti e ho sentito subito l’urgenza di raccontare questa storia.
Avendo appena completato un film con Alessandro Borghi come protagonista, ho colto l'opportunità di approfondire la nostra sinergia personale e artistica.
La creatività sconfinata di Daria D'Antonio come direttrice della fotografia mi ha spinto più in profondità nel cuore di questa narrazione, il suo talento eccezionale e la sua sensibilità sono stati vitali per questo progetto.
Desidero, inoltre, estendere il mio sincero apprezzamento ai miei colleghi registi, Matteo Rovere e Francesca Mazzoleni, a tutto il cast e la troupe, la cui dedizione e gli sforzi nel corso delle riprese sono stati determinanti nel dare vita a Supersex.

A cura di Francesca Mazzoleni (ep. 2 - 5)

Quando mi è stata proposta una serie su Rocco Siffredi ero molto curiosa. Non capita spesso di potersi confrontare con un racconto su tematiche così complesse come quelle legate al mondo del porno. Mi sono chiesta: “Che sguardo avrà?”. Alla fine della lettura dei 7 copioni ho capito che avevo tra le mani un racconto stratificato, coraggioso, commovente e vitale. Di sicuro qualcosa di molto diverso da ciò che uno si aspetterebbe.
Supersex è un viaggio che attraversa più di 30 anni di vita di uno dei personaggi più conosciuti del nostro contemporaneo. È il racconto epico e spettacolare del raggiungimento di un sogno ma anche la narrazione intima e drammatica della risposta a un lutto. È l’anelito che tiene ancorati al desiderio per sentirsi vivi e non sprofondare ma anche il racconto di un anti-eroe, di un maschile che si mette in discussione. Credo che ognuno di noi possa trovare un pezzo di sé in questa serie.

La sfida registica è stata quella di tenere in comunicazione costante i due elementi di cui si nutre la serie: la dimensione spettacolare legata ai mondi che Rocco attraversa e l’intimità e lo stupore dello sguardo con il quale il protagonista esplora la propria emotività. Abbiamo lavorato molto per creare un racconto soggettivo, cercando di preservare una continua trasposizione emotiva del suo stato interiore nelle immagini. Così quando attraversiamo l’infanzia ad Ortona degli anni ’70, la gioventù parigina degli anni ‘80, Diva Futura e i primi grandi set americani, li si vive come tappe di un percorso emotivo. La bellezza per noi registi è stata anche che ogni puntata aveva già dall’ideazione un’identità molto forte, che ci ha permesso di lavorare con libertà e con una ricerca personale che fosse vicina alla cura del cinema. Abbiamo avuto una grande sinergia tra di noi ma anche una buona autonomia di immaginario. Questa è una fra le ricchezze della serie, che ha un’identità forte ma è capace di sorprendere continuamente.
Come regista e come donna è stato fondamentale per me preservare lo sguardo che ho ritrovato nella scrittura di Francesca Manieri su un mondo come quello del porno che è quasi sempre rappresentato da occhi maschili. Abbiamo lavorato per raccontare le differenze fondamentali che intercorrono tra amore, sentimento, dipendenza, consenso e non consenso e ogni scena di sesso nella serie ha un valore e un significato diverso. Sessualità e desiderio ci uniscono tutti ma spesso si creano enormi distanze perché a mancarci non è soltanto una libertà di dialogo ma anche un vocabolario affettivo comune. Per me è stato importante preservare la dimensione intima e psicologica dei personaggi, in modo da arrivare a realizzare scene di sesso che al contrario del porno non sono mai semplicemente spettacolari o voyeuristiche. Ognuna di esse racconta una dimensione interiore diversa, sono tappe di un percorso esistenziale di un essere umano.