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TORINO FILM FESTIVAL 40 - Il Cristo in gola


L'ultima opera diretta e interpretata da Antonio Rezza in apertura del Torino Film Festival numero 40


TORINO FILM FESTIVAL 40 - Il Cristo in gola
Scegliendo un approccio laico e destabilizzante, Antonio Rezza con “Il Cristo in gola” mette in scena la vita di un Cristo sofferente e umano, costretto nel suo ruolo ma ribelle, antico e modernissimo.

La trama segue, sì, la narrazione episodica del Vangelo (da segnalare, di grande impatto, la strage degli innocenti), ma lungo il percorso devia il racconto sempre di più, fino ad arrivare ad un sorprendente e irriverente finale.

Come d'abitudine nei lavori di questo regista celebrale non c'è nulla di immediato e tutto sottende una riflessione: in questo modo la visione diventa un viaggio stimolante in cerca di significati, con l'impegnativo arbitrio di poterne trovare anche di propri.

Il bianco e nero neutro della fotografia ferma nel tempo (storico) immagini che sono però sempre in movimento, alla ricerca di inquadrature inattese e prospettive enfatizzate: l'occhio abituato alla consuetudine, un po' passiva, si sente così sempre sollecitato a 'riprogrammarsi'.

Già dai titoli di testa (una sorta di ballo macabro di due minuti dove piccole croci personalizzate con i nomi della troupe vengono piantate, una ad una, al suono di un battito ossessivo) si mette al centro la sofferenza di Cristo in croce; ma Rezza nel film ci mostrerà questo dolore come un peso al quale è lecito volersi ribellare: Gesù (impersonato dal regista) comunica attraverso un urlo, a tratti sordo a tratti straziante, che sembra volersi trattenere in gola (sopportazione) ma non può che esondare (ribellione).

A partire da questo urlo esistenziale, tutti i personaggi principali sono caratterizzati attraverso la loro espressione sonora: se Gesù urla, Giuseppe è muto (seppur accompagnato da un ronzio) e trova la parola solo per schernire il figlio adulto che con fatica cerca di costruirsi la propria croce, Maria sussurra una lingua incomprensibile, Pilato è doppiato non in sincrono con il labiale. L'immagine rappresenta ma il suono comunica. E sono 'solo' suono anche i discorsi pubblici di Peron, della moglie Evita e di Videla, che ogni tanto si sentono in sottofondo, senza traduzione, creando un cortocircuito temporale che fa perdere l'equilibrio.

Ma c'è anche tanta parola in “Il Cristo in gola” (e sarebbe ingeneroso non sottolinearlo vista la qualità della scrittura): la parola della ragione (a Pilato il compito di evidenziare le contraddizioni e minare le certezze con un eloquio brillante e puntuale) e la parola della (cattiva?) coscienza (il Diavolo tentatore è impersonato da un'insospettabile e simpatica vecchietta che affronta gli aspetti più pratici e concreti).

Dopo un'elaborazione durata 18 anni il frutto di questo progetto artistico sfida lo spettatore premiando chi non si sottrae alla prova.

25/11/2022, 16:30

Sara Galignano